Cronaca
Traffico internazionale di rifiuti: l'operazione "Cannibal Cars"
La fotografia fatta dalla Direzione Investigativa Antimafia per il primo semestre 2018
Ruvo - giovedì 14 febbraio 2019
05.00
«Un unico sistema criminale sotto l'egida di una o più famiglie di Bari, collegato alla Società Foggiana ed alla Sacra Corona Unita, con reciproco riconoscimento quali organizzazioni autonome»: così la Direzione Investigativa Antimafia, nel suo rapporto (relativo al primo semestre del 2018) definisce la "Camorra barese".
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia barese. A Ruvo di Puglia, ad esempio, dove «nell'ambito dell'operazione "Cannibal Cars", il 12 febbraio 2018, i Carabinieri Forestali hanno dato esecuzione a misure a cautelari nei confronti di 3 soggetti responsabili, a vario titolo, di gestione illecita di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, traffico organizzato di rifiuti e spedizione transfrontaliera di rifiuti».
«In particolare - è spiegato a pagina 204 - attraverso società condotte abusivamente e avvalendosi di documentazioni false, gli indagati dissimulavano spedizioni transfrontaliere finalizzate alla commercializzazione di automezzi usati, realizzando un'imponente illecito traffico di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso le dogane di Bari, Brindisi, Salerno, Napoli, Marina di Carrara, Livorno, Savona, La Spezia, Genova, Trieste, Chioggia, Padova, con destinazioni in Asia ed Africa».
Nel campo della droga, invece, «l'operazione "Angel" - si legge a pagina 189 -, ha scoperto, invece, l'affiliazione di un gruppo criminale attivo per lo spaccio della droga nei comuni baresi di Ruvo, Molfetta e Palo del Colle e nella Bat, a Trani e Bisceglie, al clan Misceo di Bari, il quale garantiva l'approvvigionamento dello stupefacente, ma effettuava anche un controllo economico sulla gestione dell'attività ed, in particolare, sui compensi per i pusher».
Ma Ruvo di Puglia è stata anche la città dove «l'espansione del clan Caprati, finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona e concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, già operante nel Borgo Antico del capoluogo e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata - si legge a pagina 196 - dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo si era rafforzato anche grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini criminali, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha dimostrato come «il sodalizio esercitasse una fortissima influenza all'interno del porto di Bari e di alcuni uffici del Comune, fosse dedito ad attività estorsive ed avesse imposto a commercianti delle Feste Patronali ed, in genere, a quelli del quartiere Carrassi di Bari, l'acquisto di merci, come buste in plastica, vassoi in alluminio, ghiaccio, detersivi, alimentari e prodotti caseari».
«Lo spaccio degli stupefacenti, eroina, cocaina e hashish - è spiegato a pagina 194 - era distribuita su squadre dotate di autonomia gestionale, ma con evidenti interconnessioni tra loro, tutte comunque assoggettate al boss cui dovevano una parte del ricavato (cd. "pensiero")». Il provvedimento, infatti, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, pur operando in autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento.
Con l'operazione "Pandora" si è avuto riscontro di come i Capriati avessero mire espansionistiche nella provincia, puntando a una presenza capillare sul territorio, a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta, mediante la «razionale suddivisione delle attività illegali tra i vari sodali».
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia barese. A Ruvo di Puglia, ad esempio, dove «nell'ambito dell'operazione "Cannibal Cars", il 12 febbraio 2018, i Carabinieri Forestali hanno dato esecuzione a misure a cautelari nei confronti di 3 soggetti responsabili, a vario titolo, di gestione illecita di ingenti quantitativi di rifiuti speciali pericolosi, traffico organizzato di rifiuti e spedizione transfrontaliera di rifiuti».
«In particolare - è spiegato a pagina 204 - attraverso società condotte abusivamente e avvalendosi di documentazioni false, gli indagati dissimulavano spedizioni transfrontaliere finalizzate alla commercializzazione di automezzi usati, realizzando un'imponente illecito traffico di rifiuti speciali, anche pericolosi, attraverso le dogane di Bari, Brindisi, Salerno, Napoli, Marina di Carrara, Livorno, Savona, La Spezia, Genova, Trieste, Chioggia, Padova, con destinazioni in Asia ed Africa».
Nel campo della droga, invece, «l'operazione "Angel" - si legge a pagina 189 -, ha scoperto, invece, l'affiliazione di un gruppo criminale attivo per lo spaccio della droga nei comuni baresi di Ruvo, Molfetta e Palo del Colle e nella Bat, a Trani e Bisceglie, al clan Misceo di Bari, il quale garantiva l'approvvigionamento dello stupefacente, ma effettuava anche un controllo economico sulla gestione dell'attività ed, in particolare, sui compensi per i pusher».
Ma Ruvo di Puglia è stata anche la città dove «l'espansione del clan Caprati, finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona e concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, già operante nel Borgo Antico del capoluogo e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata - si legge a pagina 196 - dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo si era rafforzato anche grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini criminali, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha dimostrato come «il sodalizio esercitasse una fortissima influenza all'interno del porto di Bari e di alcuni uffici del Comune, fosse dedito ad attività estorsive ed avesse imposto a commercianti delle Feste Patronali ed, in genere, a quelli del quartiere Carrassi di Bari, l'acquisto di merci, come buste in plastica, vassoi in alluminio, ghiaccio, detersivi, alimentari e prodotti caseari».
«Lo spaccio degli stupefacenti, eroina, cocaina e hashish - è spiegato a pagina 194 - era distribuita su squadre dotate di autonomia gestionale, ma con evidenti interconnessioni tra loro, tutte comunque assoggettate al boss cui dovevano una parte del ricavato (cd. "pensiero")». Il provvedimento, infatti, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, pur operando in autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento.
Con l'operazione "Pandora" si è avuto riscontro di come i Capriati avessero mire espansionistiche nella provincia, puntando a una presenza capillare sul territorio, a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta, mediante la «razionale suddivisione delle attività illegali tra i vari sodali».