
Vita di città
Storia Viva - Speciale Riti di Passione: la Desolata, una madre in cammino
Il Venerdì di Passione a Ruvo di Puglia nella storia
Ruvo - venerdì 11 aprile 2025
13.00
Ogni anno, il venerdì che precede la Domenica delle Palme, Ruvo di Puglia si raccoglie in uno dei momenti più intensi e toccanti della sua Settimana Santa: la processione della Madonna della Desolata. La città si fa silenziosa, le luci si abbassano, e a passo lento avanza una figura vestita di nero, con il cuore trafitto e lo sguardo perso nel vuoto. È Maria, Madre desolata, che abbraccia la croce spoglia del Figlio, da cui pende un semplice lenzuolo bianco, simbolo della sindone.
A guidare questo rito di dolore e contemplazione è la Confraternita della Purificazione – Addolorata, custode di una tradizione secolare che intreccia fede, arte e storia.
Le origini della confraternita risalgono al 1719, fondata dal gesuita padre Domenico Bruno di Bari con il titolo di Purificazione e Sant'Ignazio. Dopo i primi anni nella chiesa di San Carlo e poi in quella di Santa Maria di San Luca (oggi Santi Medici), l'associazione fu sciolta nel 1768, in seguito alla soppressione dell'ordine dei gesuiti.
Ma i confratelli non si arresero. Nel 1777 ottennero dal re il permesso di ricostituirsi e si trasferirono nella chiesa dei Domenicani, all'epoca abbandonata. Fu lì che al titolo originario si aggiunse quello dell'Addolorata. Solo nel 1883 arrivò anche il riconoscimento del Papa. Dopo alcuni spostamenti, la confraternita è tornata in via definitiva alla chiesa di San Domenico nel 1859, dove ancora oggi continua le sue attività.
È il 19 febbraio 1893 che la confraternita decide ufficialmente di inserirsi nei riti della Settimana Santa con una processione penitenziale dedicata alla Vergine Addolorata, celebrata il venerdì di Passione, in memoria dei Sette Dolori di Maria. Il primo simulacro — una statua di stampo napoletano, però, già dopo pochi anni si presentava in condizioni precarie.
Nel 1907, si decise quindi di affidare all'artista molfettese Corrado Binetti il rifacimento della statua: Binetti modellò un nuovo mezzo busto, riutilizzando però il sostegno a gabbia di manifattura napoletana. Anche la croce venne sostituita: il pesante crocifisso in legno bordato in ottone lasciò il posto a uno scheletro in ferro rivestito di sughero, più leggero e resistente.
Oggi, quaranta portatori accompagnano la Desolata per le vie della città, su una cassa lignea decorata con i simboli della Passione, risalente alla metà del Novecento. È un momento di rara intensità, accompagnato – quasi ogni anno – da folate di vento che i ruvesi hanno imparato a riconoscere e ad aspettare, tanto da soprannominare l'Addolorata "Maduònne du Vinde", la Madonna del Vento.
A rendere ancora più forte l'impatto della processione è l'abito dei partecipanti. I confratelli indossano camice bianco, buffa nera, tracolla con il medaglione dell'Addolorata, guanti neri e cingolo azzurro. Le associate alla Desolata sfilano in nero, con le iniziali "MD" (Mater Dolorosa) ricamate sull'abito.
Nell'ultimo tratto del percorso, i confratelli si dispongono in testa al corteo, seguiti dalle consorelle, che chiudono la processione in un abbraccio simbolico alla Vergine, a testimonianza di un dolore condiviso e custodito dalla comunità.
È la fede che si fa presenza, il dolore che si fa racconto collettivo.
A guidare questo rito di dolore e contemplazione è la Confraternita della Purificazione – Addolorata, custode di una tradizione secolare che intreccia fede, arte e storia.
Le origini della confraternita risalgono al 1719, fondata dal gesuita padre Domenico Bruno di Bari con il titolo di Purificazione e Sant'Ignazio. Dopo i primi anni nella chiesa di San Carlo e poi in quella di Santa Maria di San Luca (oggi Santi Medici), l'associazione fu sciolta nel 1768, in seguito alla soppressione dell'ordine dei gesuiti.
Ma i confratelli non si arresero. Nel 1777 ottennero dal re il permesso di ricostituirsi e si trasferirono nella chiesa dei Domenicani, all'epoca abbandonata. Fu lì che al titolo originario si aggiunse quello dell'Addolorata. Solo nel 1883 arrivò anche il riconoscimento del Papa. Dopo alcuni spostamenti, la confraternita è tornata in via definitiva alla chiesa di San Domenico nel 1859, dove ancora oggi continua le sue attività.
È il 19 febbraio 1893 che la confraternita decide ufficialmente di inserirsi nei riti della Settimana Santa con una processione penitenziale dedicata alla Vergine Addolorata, celebrata il venerdì di Passione, in memoria dei Sette Dolori di Maria. Il primo simulacro — una statua di stampo napoletano, però, già dopo pochi anni si presentava in condizioni precarie.
Nel 1907, si decise quindi di affidare all'artista molfettese Corrado Binetti il rifacimento della statua: Binetti modellò un nuovo mezzo busto, riutilizzando però il sostegno a gabbia di manifattura napoletana. Anche la croce venne sostituita: il pesante crocifisso in legno bordato in ottone lasciò il posto a uno scheletro in ferro rivestito di sughero, più leggero e resistente.
Oggi, quaranta portatori accompagnano la Desolata per le vie della città, su una cassa lignea decorata con i simboli della Passione, risalente alla metà del Novecento. È un momento di rara intensità, accompagnato – quasi ogni anno – da folate di vento che i ruvesi hanno imparato a riconoscere e ad aspettare, tanto da soprannominare l'Addolorata "Maduònne du Vinde", la Madonna del Vento.
A rendere ancora più forte l'impatto della processione è l'abito dei partecipanti. I confratelli indossano camice bianco, buffa nera, tracolla con il medaglione dell'Addolorata, guanti neri e cingolo azzurro. Le associate alla Desolata sfilano in nero, con le iniziali "MD" (Mater Dolorosa) ricamate sull'abito.
Nell'ultimo tratto del percorso, i confratelli si dispongono in testa al corteo, seguiti dalle consorelle, che chiudono la processione in un abbraccio simbolico alla Vergine, a testimonianza di un dolore condiviso e custodito dalla comunità.
È la fede che si fa presenza, il dolore che si fa racconto collettivo.