Vita di città
Storia Viva - La Grande Guerra in una cartolina del ruvese Luigi Carrante
Patriottismo, sacrificio e speranza nelle pieghe della Storia
Ruvo - martedì 19 novembre 2024
Capita, non di frequente, di ritrovare in vendita nei mercatini dell'usato, sulle bancarelle elettroniche dei portali web, tra le carte ingiallite di un rigattiere, cartoline, lettere e messaggi che ci riportano alla mente pagine tristi o felici della nostra storia comune. In uno di questi luoghi, abbiamo ritrovato una cartolina autografa di Luigi Carrante, scritta il 14 giugno 1917 dal fronte italiano della Prima Guerra Mondiale.
Questo messaggio è molto più di una semplice corrispondenza familiare: è un documento che ci trasporta nel cuore di uno dei conflitti più devastanti della storia, rivelando il pensiero e le emozioni di un giovane soldato che, pur immerso in una realtà drammatica, conserva lucidità e un profondo senso del dovere.
Nel 1917, la Prima Guerra Mondiale stava vivendo una delle sue fasi più dure. L'Italia, alleata di Francia, Regno Unito e Russia, combatteva lungo il fronte italo-austriaco. Le battaglie principali si svolgevano in luoghi impervi come le montagne delle Alpi e il Carso, dove i soldati affrontavano condizioni quasi inumane.
Carrante scrive durante un periodo cruciale, in cui l'Italia era impegnata nelle estenuanti offensive dell'Isonzo. Le trincee italiane, scavate nella roccia e spesso in condizioni igieniche precarie, erano teatro di una guerra di logoramento, fatta di assalti ripetuti e grandi sacrifici per conquiste spesso minime.
Luigi Carrante nacque a Ruvo di Puglia il 9 marzo 1893. Iscritto all'Università di Bologna, che gli tributerà una laurea ah horem in Ingegneria, Carrante fu un giovane promettente che, nonostante l'impegno nel suo percorso accademico, non esitò a rispondere alla chiamata del dovere quando l'Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale. Nel maggio del 1915, all'inizio del conflitto, si arruolò come ufficiale nell'Artiglieria del Regio Esercito Italiano. La sua carriera militare, segnata dal coraggio e dalla dedizione, lo portò a combattere in alcune delle aree più drammatiche del fronte italiano.
Carrante risponde alla lettera del padre, che gli confida il desiderio di averlo a casa, al sicuro. La risposta del giovane è ferma e carica di convinzione: il suo posto è al fronte. Nonostante la nostalgia e l'affetto per i suoi cari, Carrante vede la guerra come una "prova suprema" per l'Italia e per gli italiani, un momento in cui nessuno può tirarsi indietro.
Con grande maturità, scrive: "Chi manca in questi momenti ai suoi doveri è gravemente colpevole". È una riflessione che rivela il peso che sentiva sulle spalle, ma anche la fiducia nella possibilità di un futuro migliore, da conquistare con il sacrificio.
Per i soldati italiani, la vita al fronte era durissima. Il freddo, il fango, le malattie e la paura costante degli attacchi rendevano ogni giorno una sfida. Eppure, molti come Carrante trovavano nella propria missione un motivo per andare avanti.
La sua consapevolezza emerge in modo toccante quando scrive: "Se dalla prova del fuoco uscirò salvo, con 90 probabilità su 100 sarò di quelli sacrificati durante o dopo la guerra". Non si fa illusioni, ma accetta il rischio come parte di qualcosa di più grande.
Un'immagine particolarmente significativa nella lettera è quella del fungo, descritto come una pianta senza clorofilla e senza radici attive, che vive a spese delle altre piante. Per Carrante, chi si sottrae ai propri doveri è come quel fungo: un parassita che si nutre del lavoro e del sacrificio altrui.
Questa metafora semplice ma potente esprime un messaggio che va oltre il contesto della guerra. È un richiamo universale alla responsabilità individuale, valido in ogni epoca.
Nonostante il tono riflessivo e a tratti solenne, la lettera di Carrante è profondamente umana. Tra le righe traspare l'amore per la famiglia e la nostalgia per la casa. È un giovane uomo che, pur immerso in una realtà terribile, non perde la sua sensibilità né la sua capacità di immaginare un futuro migliore.
Scrive con affetto e tranquillizza i suoi cari sulla sua salute, dimostrando un grande equilibrio interiore. È un ritratto di resilienza che commuove e ispira.
Carrante morì tragicamente il 24 ottobre 1917, durante uno degli scontri più intensi della guerra, nella Valle di Doblar. La sua morte avvenne in un periodo in cui l'Italia stava affrontando momenti di grande difficoltà, segnati dalla battaglia di Caporetto.
Oggi, leggere una lettera come questa significa entrare in contatto con una generazione che ha vissuto e sofferto per costruire un futuro che noi abbiamo ereditato. Carrante, con le sue parole semplici e incisive, ci ricorda il valore del sacrificio e l'importanza di non vivere solo per sé stessi, ma di pensare al bene comune.
La sua lettera, scritta in un momento così buio, conserva una luce di speranza. È il segno che anche nelle situazioni più difficili è possibile trovare significato, forza e amore per gli altri. E questo, forse, è il lascito più importante di Luigi Carrante e della sua generazione.
Fonte: Scuola ingegneri sezione Bologna, Opuscolo commemorativo della scuola allievi ingegneri di Bologna, Bologna 1921.
Questo messaggio è molto più di una semplice corrispondenza familiare: è un documento che ci trasporta nel cuore di uno dei conflitti più devastanti della storia, rivelando il pensiero e le emozioni di un giovane soldato che, pur immerso in una realtà drammatica, conserva lucidità e un profondo senso del dovere.
Nel 1917, la Prima Guerra Mondiale stava vivendo una delle sue fasi più dure. L'Italia, alleata di Francia, Regno Unito e Russia, combatteva lungo il fronte italo-austriaco. Le battaglie principali si svolgevano in luoghi impervi come le montagne delle Alpi e il Carso, dove i soldati affrontavano condizioni quasi inumane.
Carrante scrive durante un periodo cruciale, in cui l'Italia era impegnata nelle estenuanti offensive dell'Isonzo. Le trincee italiane, scavate nella roccia e spesso in condizioni igieniche precarie, erano teatro di una guerra di logoramento, fatta di assalti ripetuti e grandi sacrifici per conquiste spesso minime.
Luigi Carrante nacque a Ruvo di Puglia il 9 marzo 1893. Iscritto all'Università di Bologna, che gli tributerà una laurea ah horem in Ingegneria, Carrante fu un giovane promettente che, nonostante l'impegno nel suo percorso accademico, non esitò a rispondere alla chiamata del dovere quando l'Italia entrò nella Prima Guerra Mondiale. Nel maggio del 1915, all'inizio del conflitto, si arruolò come ufficiale nell'Artiglieria del Regio Esercito Italiano. La sua carriera militare, segnata dal coraggio e dalla dedizione, lo portò a combattere in alcune delle aree più drammatiche del fronte italiano.
Carrante risponde alla lettera del padre, che gli confida il desiderio di averlo a casa, al sicuro. La risposta del giovane è ferma e carica di convinzione: il suo posto è al fronte. Nonostante la nostalgia e l'affetto per i suoi cari, Carrante vede la guerra come una "prova suprema" per l'Italia e per gli italiani, un momento in cui nessuno può tirarsi indietro.
Con grande maturità, scrive: "Chi manca in questi momenti ai suoi doveri è gravemente colpevole". È una riflessione che rivela il peso che sentiva sulle spalle, ma anche la fiducia nella possibilità di un futuro migliore, da conquistare con il sacrificio.
Per i soldati italiani, la vita al fronte era durissima. Il freddo, il fango, le malattie e la paura costante degli attacchi rendevano ogni giorno una sfida. Eppure, molti come Carrante trovavano nella propria missione un motivo per andare avanti.
La sua consapevolezza emerge in modo toccante quando scrive: "Se dalla prova del fuoco uscirò salvo, con 90 probabilità su 100 sarò di quelli sacrificati durante o dopo la guerra". Non si fa illusioni, ma accetta il rischio come parte di qualcosa di più grande.
Un'immagine particolarmente significativa nella lettera è quella del fungo, descritto come una pianta senza clorofilla e senza radici attive, che vive a spese delle altre piante. Per Carrante, chi si sottrae ai propri doveri è come quel fungo: un parassita che si nutre del lavoro e del sacrificio altrui.
Questa metafora semplice ma potente esprime un messaggio che va oltre il contesto della guerra. È un richiamo universale alla responsabilità individuale, valido in ogni epoca.
Nonostante il tono riflessivo e a tratti solenne, la lettera di Carrante è profondamente umana. Tra le righe traspare l'amore per la famiglia e la nostalgia per la casa. È un giovane uomo che, pur immerso in una realtà terribile, non perde la sua sensibilità né la sua capacità di immaginare un futuro migliore.
Scrive con affetto e tranquillizza i suoi cari sulla sua salute, dimostrando un grande equilibrio interiore. È un ritratto di resilienza che commuove e ispira.
Carrante morì tragicamente il 24 ottobre 1917, durante uno degli scontri più intensi della guerra, nella Valle di Doblar. La sua morte avvenne in un periodo in cui l'Italia stava affrontando momenti di grande difficoltà, segnati dalla battaglia di Caporetto.
Oggi, leggere una lettera come questa significa entrare in contatto con una generazione che ha vissuto e sofferto per costruire un futuro che noi abbiamo ereditato. Carrante, con le sue parole semplici e incisive, ci ricorda il valore del sacrificio e l'importanza di non vivere solo per sé stessi, ma di pensare al bene comune.
La sua lettera, scritta in un momento così buio, conserva una luce di speranza. È il segno che anche nelle situazioni più difficili è possibile trovare significato, forza e amore per gli altri. E questo, forse, è il lascito più importante di Luigi Carrante e della sua generazione.
Fonte: Scuola ingegneri sezione Bologna, Opuscolo commemorativo della scuola allievi ingegneri di Bologna, Bologna 1921.