Vita di città
Storia Viva - La chiesa di Santa Maria dell’Isola: un’assenza che segna la storia di Ruvo di Puglia
Devozione, abbandono e memoria di un luogo sacro scomparso
Ruvo - martedì 26 novembre 2024
La chiesa di Santa Maria dell'Isola, un tempo collocata fuori dalle mura urbane di Ruvo di Puglia lungo l'attuale via Vanini, rappresentava un'importante testimonianza storica e religiosa, la cui vicenda illustra il legame tra il culto mariano e la comunità locale. Costruita nel 1671 sul sito di una precedente cappella, l'edificio nacque come oratorio mariano grazie alla devozione dei fedeli e al supporto del Capitolo della Cattedrale.
Come emerge dai documenti dell'epoca, il progetto fu motivato dal desiderio espresso dai devoti, riassunto così nelle Conclusioni Capitolari del 1671: «Molti devoti di S. Maria dell'Isola fuori le muraglie della Città hanno desiderio di erigere una Chiesa in honore di detta Madre di Dio e già adesso vi è buona parte di denaro per detta causa».
La chiesa rifletteva il clima religioso post-Concilio di Trento, che mirava a canalizzare la devozione popolare attraverso strutture ufficiali. Situata vicino al fossato della città, Santa Maria dell'Isola aveva un impianto a navata unica con un presbiterio rialzato, arricchito da un altare principale che custodiva un affresco della Madonna col Bambino. Semplice e lineare, l'architettura si distingue per una sobria eleganza tipica delle chiese rurali dell'epoca. La sua posizione al margine del tessuto urbano era così descritta dall'Intendente di Bari nel 1823: «Quel locale è posto da un lato sulla strada pubblica che mena a Terlizzi, per cui è di continuo frequentata dal passaggio d'innumerevole moltitudine».
Dopo secoli di culto e attività, verso la fine dell'Ottocento l'edificio entrò in una fase di abbandono, aggravata dalla crisi economica e sanitaria che colpì la zona. Nel 1885 la chiesa fu dismessa, e nonostante un progetto di restauro in stile neogotico proposto dall'architetto Sante Simone di Conversano, non si riuscì a concretizzare il recupero. Il progetto prevedeva una chiesa imponente, con un campanile alto 15 metri e un rosone centrale che, secondo i piani, avrebbe «soddisfatto il senso artistico dell'animo umano, invitandolo alla preghiera e alla contemplazione delle celesti armonie».
Nel Novecento, lo stato di degrado della chiesa attirò critiche e accuse di incuria, trasformandosi in un luogo di abbandono. Le diatribe tra Capitolo e Comune culminarono nel definitivo abbattimento nel 1919. Persino l'affresco della Madonna col Bambino, custodito all'interno, fu salvato con difficoltà ma successivamente se ne persero le tracce. Il soprintendente che cercò di salvarlo descrisse con indignazione lo stato della chiesa: «All'interno del rudere apparve l'indicibile, inimmaginabile sconcio: resti della statua sacra frantumata per farne materiale da costruzione e fosse scavate senza criterio».
La storia di Santa Maria dell'Isola è un esempio eloquente di come il patrimonio culturale possa essere messo a rischio dall'indifferenza e da scelte miopi. Sebbene oggi non rimanga traccia della chiesa, la sua memoria continua a essere una testimonianza del fervore religioso e delle dinamiche sociali che hanno plasmato Ruvo di Puglia.
Questa vicenda ci invita a riflettere sull'importanza della salvaguardia del patrimonio culturale, garantendo che simili perdite non si ripetano e che i luoghi della nostra storia siano preservati per le future generazioni.
Per approfondire: F. Lauciello, Santa Maria dell'Isola e Santa Lucia: due chiese scomparse nel Novecento (in "Ruvo, intorno alle mura", Centro Studi Cultura et Memoria, 2016)
Come emerge dai documenti dell'epoca, il progetto fu motivato dal desiderio espresso dai devoti, riassunto così nelle Conclusioni Capitolari del 1671: «Molti devoti di S. Maria dell'Isola fuori le muraglie della Città hanno desiderio di erigere una Chiesa in honore di detta Madre di Dio e già adesso vi è buona parte di denaro per detta causa».
La chiesa rifletteva il clima religioso post-Concilio di Trento, che mirava a canalizzare la devozione popolare attraverso strutture ufficiali. Situata vicino al fossato della città, Santa Maria dell'Isola aveva un impianto a navata unica con un presbiterio rialzato, arricchito da un altare principale che custodiva un affresco della Madonna col Bambino. Semplice e lineare, l'architettura si distingue per una sobria eleganza tipica delle chiese rurali dell'epoca. La sua posizione al margine del tessuto urbano era così descritta dall'Intendente di Bari nel 1823: «Quel locale è posto da un lato sulla strada pubblica che mena a Terlizzi, per cui è di continuo frequentata dal passaggio d'innumerevole moltitudine».
Dopo secoli di culto e attività, verso la fine dell'Ottocento l'edificio entrò in una fase di abbandono, aggravata dalla crisi economica e sanitaria che colpì la zona. Nel 1885 la chiesa fu dismessa, e nonostante un progetto di restauro in stile neogotico proposto dall'architetto Sante Simone di Conversano, non si riuscì a concretizzare il recupero. Il progetto prevedeva una chiesa imponente, con un campanile alto 15 metri e un rosone centrale che, secondo i piani, avrebbe «soddisfatto il senso artistico dell'animo umano, invitandolo alla preghiera e alla contemplazione delle celesti armonie».
Nel Novecento, lo stato di degrado della chiesa attirò critiche e accuse di incuria, trasformandosi in un luogo di abbandono. Le diatribe tra Capitolo e Comune culminarono nel definitivo abbattimento nel 1919. Persino l'affresco della Madonna col Bambino, custodito all'interno, fu salvato con difficoltà ma successivamente se ne persero le tracce. Il soprintendente che cercò di salvarlo descrisse con indignazione lo stato della chiesa: «All'interno del rudere apparve l'indicibile, inimmaginabile sconcio: resti della statua sacra frantumata per farne materiale da costruzione e fosse scavate senza criterio».
La storia di Santa Maria dell'Isola è un esempio eloquente di come il patrimonio culturale possa essere messo a rischio dall'indifferenza e da scelte miopi. Sebbene oggi non rimanga traccia della chiesa, la sua memoria continua a essere una testimonianza del fervore religioso e delle dinamiche sociali che hanno plasmato Ruvo di Puglia.
Questa vicenda ci invita a riflettere sull'importanza della salvaguardia del patrimonio culturale, garantendo che simili perdite non si ripetano e che i luoghi della nostra storia siano preservati per le future generazioni.
Per approfondire: F. Lauciello, Santa Maria dell'Isola e Santa Lucia: due chiese scomparse nel Novecento (in "Ruvo, intorno alle mura", Centro Studi Cultura et Memoria, 2016)