Religioni
Pasqua, il messaggio del Vescovo alla Diocesi
Le parole di Monsignor Domenico Cornacchia alla comunità
Ruvo - domenica 4 aprile 2021
Il vescovo della nostra Diocesi Mons. Domenico Cornacchia scrive alla Comunità per la festa di Pasqua: prendiamoci cura gli uni gli altri.
I due Angeli così si rivolsero alle donne che il mattino di Pasqua si recarono al Sepolcro dove era stato deposto Gesù. Questo interrogativo deve scuoterci, animarci e metterci in cammino, scrutando e additando la luce del mattino di Pasqua a chi è ancora nelle tenebre della solitudine e dell'angoscia. Certo, come dice Papa Francesco: "Siamo in bilico: tra ombre di questo momento lugubre e denso di paura e la speranza" (Fratelli tutti, 54-55). Realmente è così. Mai come in una notte insonne, si desidera l'alba del giorno nuovo! Questo è il nostro stato d'animo. Questa è la lunga notte dell'intera umanità provata dalla pandemia, dalla fame, dalla mancanza di libertà e di pace, sia a livello individuale e familiare sia universale.
Quest'anno festeggiamo in modo particolare San Giuseppe, a centocinquant'anni dalla sua proclamazione a patrono universale della Chiesa. Nella sua Lettera Apostolica Patris corde, Papa Francesco ci invita a contemplare l'umile falegname di Nazaret, come colui che mai si è arreso dinanzi ai dubbi della vita; come colui che si è sempre fidato ed affidato al Signore, facendosi discepolo e custode di suo Figlio Gesù. È una bella coincidenza.
A San Giuseppe "protettore dell'infanzia, degli sposi, della famiglia, dei lavoratori, delle vergini, dei profughi, dei morenti" (San Paolo VI, 1969), ci rivolgiamo con particolare affetto e devozione.
Coraggio, fratelli e sorelle! Prendiamoci cura gli uni degli altri; facciamoci buoni cirenei di coloro che fanno fatica a portare la loro croce. Sappiamo che la cura non è sinonimo di guarigione, ma questa, certamente, non c'è senza quella. Noi facciamo la nostra parte e chiediamo al Signore che trasformi il lutto in gioia, il dolore in letizia e la morte in vita. Stare in croce è solo collocazione provvisoria (cf Tonino Bello). La vera e definitiva collocazione è quella della Pasqua di Risurrezione, della vita e della luce senza tramonto. Facciamoci diffusori di questa verità. Non cerchiamo il Vivente tra i morti, ma portiamo semi di vita eterna, ovunque ci sono gemiti di sofferenza e di disperazione.
Carissime amiche e carissimi amici, certo stiamo per vivere una Pasqua del tutto diversa, del tutto peculiare rispetto alla Pasqua degli altri anni.
Tuttavia carissimi non abbiamo paura, non abbiamo timore, perché il Signore viene e ci assume con la nostra miseria, con la nostra povertà per farci passare dalla notte della tribolazione, della sofferenza, del timore al mattino di Pasqua.
Un antico detto dice che il desiderio accorcia la distanza spazio-temporale. Quando più noi desideriamo, ad esempio, un mattino la notte si accorcia; quando più desideriamo incontrarci con una persona amica, familiare ecco qui che il tempo vola, e così deve essere anche il nostro stato d'animo per vivere questa Santa Pasqua del 2021 nella gioia, nella speranza, nella certezza che il Signore viene e risorge insieme a noi, alla nostra povertà e alla nostra umanità.
Carissimi, il nostro pensiero vada naturalmente verso coloro che sono ancora al di là della pietra tombale della sofferenza, della solitudine, del lutto. Immaginiamo quanta gente si è vista privata di una persona cara, soprattutto in maniera repentina e in maniera improvvisa; ecco che vogliamo essere vicini soprattutto a questa gente, a questi fratelli e sorelle. A tutti vorrei esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza.
Accettiamo l'invito che il Signore ci fa. Pensiamo a quelle donne che il mattino di Pasqua sono accorse al Sepolcro pensando fra di sé "chi ci ribalterà la pietra tombale?" per vedere il corpo del Signore, e inaspettatamente loro si stupiscono e vedono che non solo la pietra è ribaltata ma soprattutto c'è loro un annuncio, un annuncio da parte dell'Angelo che invita loro, invita queste donne a farsi portatrice di un messaggio di speranza e di fede "Andate, ritornate a Gerusalemme, portate ai discepoli, agli amici del Signore questa bella notizia che il Signore è risorto".
Vorrei tanto che noi sperimentassimo questo passaggio dalla notte alla luce; dal buio alla pienezza della della giornata luminosa, solare; dalla solitudine alla compagnia e alla comunione con le persone più intime e più care.
L'augurio Pasquale che desidero formulare a tutti voi, a me per primo, è proprio questo: aiutiamo chi non ce la fa a ribaltare la pietra tombale della solitudine, dell'emarginazione, dello sconforto. Attendono molti questo nostro intervento, questa nostra vicinanza, questa nostra prossimità e ripeto il desiderio accorcia annulla la distanza spazio-temporale. Corriamo come le donne verso il sepolcro e soprattutto riprendiamo fiato, riprendiamo vigore per compiere il percorso all'indietro, il percorso inverso.
Portiamo a tutti l'alleluia pasquale, la gioia che il Signore non è quello della Croce ma è del mattino di Pasqua.
Auguri a tutti. Che il Signore ci benedica.
I due Angeli così si rivolsero alle donne che il mattino di Pasqua si recarono al Sepolcro dove era stato deposto Gesù. Questo interrogativo deve scuoterci, animarci e metterci in cammino, scrutando e additando la luce del mattino di Pasqua a chi è ancora nelle tenebre della solitudine e dell'angoscia. Certo, come dice Papa Francesco: "Siamo in bilico: tra ombre di questo momento lugubre e denso di paura e la speranza" (Fratelli tutti, 54-55). Realmente è così. Mai come in una notte insonne, si desidera l'alba del giorno nuovo! Questo è il nostro stato d'animo. Questa è la lunga notte dell'intera umanità provata dalla pandemia, dalla fame, dalla mancanza di libertà e di pace, sia a livello individuale e familiare sia universale.
Quest'anno festeggiamo in modo particolare San Giuseppe, a centocinquant'anni dalla sua proclamazione a patrono universale della Chiesa. Nella sua Lettera Apostolica Patris corde, Papa Francesco ci invita a contemplare l'umile falegname di Nazaret, come colui che mai si è arreso dinanzi ai dubbi della vita; come colui che si è sempre fidato ed affidato al Signore, facendosi discepolo e custode di suo Figlio Gesù. È una bella coincidenza.
A San Giuseppe "protettore dell'infanzia, degli sposi, della famiglia, dei lavoratori, delle vergini, dei profughi, dei morenti" (San Paolo VI, 1969), ci rivolgiamo con particolare affetto e devozione.
Coraggio, fratelli e sorelle! Prendiamoci cura gli uni degli altri; facciamoci buoni cirenei di coloro che fanno fatica a portare la loro croce. Sappiamo che la cura non è sinonimo di guarigione, ma questa, certamente, non c'è senza quella. Noi facciamo la nostra parte e chiediamo al Signore che trasformi il lutto in gioia, il dolore in letizia e la morte in vita. Stare in croce è solo collocazione provvisoria (cf Tonino Bello). La vera e definitiva collocazione è quella della Pasqua di Risurrezione, della vita e della luce senza tramonto. Facciamoci diffusori di questa verità. Non cerchiamo il Vivente tra i morti, ma portiamo semi di vita eterna, ovunque ci sono gemiti di sofferenza e di disperazione.
Carissime amiche e carissimi amici, certo stiamo per vivere una Pasqua del tutto diversa, del tutto peculiare rispetto alla Pasqua degli altri anni.
Tuttavia carissimi non abbiamo paura, non abbiamo timore, perché il Signore viene e ci assume con la nostra miseria, con la nostra povertà per farci passare dalla notte della tribolazione, della sofferenza, del timore al mattino di Pasqua.
Un antico detto dice che il desiderio accorcia la distanza spazio-temporale. Quando più noi desideriamo, ad esempio, un mattino la notte si accorcia; quando più desideriamo incontrarci con una persona amica, familiare ecco qui che il tempo vola, e così deve essere anche il nostro stato d'animo per vivere questa Santa Pasqua del 2021 nella gioia, nella speranza, nella certezza che il Signore viene e risorge insieme a noi, alla nostra povertà e alla nostra umanità.
Carissimi, il nostro pensiero vada naturalmente verso coloro che sono ancora al di là della pietra tombale della sofferenza, della solitudine, del lutto. Immaginiamo quanta gente si è vista privata di una persona cara, soprattutto in maniera repentina e in maniera improvvisa; ecco che vogliamo essere vicini soprattutto a questa gente, a questi fratelli e sorelle. A tutti vorrei esprimere la mia solidarietà e la mia vicinanza.
Accettiamo l'invito che il Signore ci fa. Pensiamo a quelle donne che il mattino di Pasqua sono accorse al Sepolcro pensando fra di sé "chi ci ribalterà la pietra tombale?" per vedere il corpo del Signore, e inaspettatamente loro si stupiscono e vedono che non solo la pietra è ribaltata ma soprattutto c'è loro un annuncio, un annuncio da parte dell'Angelo che invita loro, invita queste donne a farsi portatrice di un messaggio di speranza e di fede "Andate, ritornate a Gerusalemme, portate ai discepoli, agli amici del Signore questa bella notizia che il Signore è risorto".
Vorrei tanto che noi sperimentassimo questo passaggio dalla notte alla luce; dal buio alla pienezza della della giornata luminosa, solare; dalla solitudine alla compagnia e alla comunione con le persone più intime e più care.
L'augurio Pasquale che desidero formulare a tutti voi, a me per primo, è proprio questo: aiutiamo chi non ce la fa a ribaltare la pietra tombale della solitudine, dell'emarginazione, dello sconforto. Attendono molti questo nostro intervento, questa nostra vicinanza, questa nostra prossimità e ripeto il desiderio accorcia annulla la distanza spazio-temporale. Corriamo come le donne verso il sepolcro e soprattutto riprendiamo fiato, riprendiamo vigore per compiere il percorso all'indietro, il percorso inverso.
Portiamo a tutti l'alleluia pasquale, la gioia che il Signore non è quello della Croce ma è del mattino di Pasqua.
Auguri a tutti. Che il Signore ci benedica.