Spaccavento e Albrizio
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Territorio

Ospedale unico, Albrizio: «Nel nord barese è disastro sanitario»

Le parole del neo coordinatore del movimento per l'ospedale unico del nord barese

Mario Albrizio, da qualche ora coordinatore del movimento che invoca la realizzazione dell'ospedale unico nel nord barese, parla dopo aver preso il posto del dotto Felice Spaccavento.
Una nota lunghissima, apparsa sulla pagina Facebook del movimento, che vi riportiamo in forma integrale.



«Sostituire Felice Spaccavento alla guida del nostro Progetto non è difficile.
E' impossibile.
Felice ne è stato non solo l'iniziatore, ma l'anima. E quello che ci ha insegnato, svelato, scritto, detto e in ogni modo lasciato, costituiscono e costituiranno per noi il solco invalicabile entro cui muoversi.
L'emergenza sanitaria nel nostro territorio e nelle nostre Città, il rispetto del malato, la missione del medico e del personale sanitario, l'esigenza di strutture adeguate al pieno svolgimento della funzione medico-sanitaria e, ultimo ma forse persino più importante, il raccordo con i Cittadini e le Istituzioni.
Perché nessun ospedale è un'isola. Neanche il più attrezzato.
Perché la Salute, come Felice ama ripetere, non è solo l'Ospedale, neanche l'Ospedale di Primo o persino di Secondo Livello, ma il Sistema sanitario territoriale di cui l'Ospedale è solo la cima.
La Salute dipende anche da fattori extra-sanitari, a cominciare da un pieno, corretto e leale rapporto con le Istituzioni che rappresentano i Cittadini.
La politica ammala. La Politica cura. Una Politica con la maiuscola, chiara, trasparente, rispettosa e non ultimo ambiziosa, la Politica che anziché limitarsi a distribuire posti e favori prova a far funzionare davvero le cose - è una medicina potente.
E la stessa Medicina ha bisogno di una Politica sana per rendere al massimo.
D'altra parte, cosa è il disastro sanitario in cui versa il nostro Territorio, con Ospedali monchi che ancora si stenta a riunire in un Ospedale Unico finalmente ben attrezzato?
Che cosa è questo disastro sanitario, questo destino che sembra già scritto, di essere sbranati, di perdere un reparto e un'eccellenza dopo l'altra a favore dei voraci poli barese e Bat e/o dei privati - che cos'è questo disastro, se non il risultato di una pessima politica dei decenni scorsi, dove gli ospedali erano diffusi centri di potere, poltrone, voti e clientela prima ancora che centri di cura e di recupero della propria salute?
Paghiamo per colpe non nostre. per aver ereditato un sistema inefficiente e clientelare che, anche in campo sanitario, ormai non regge più.
Per questo motivo l'ente pubblico, Stato o regione che sia, è costretto a tagliare le spese e ad accentrare le risorse.
E fin qui, niente da dire. Il processo è giusto. Gli sprechi gridano scandalo al cielo e le risorse vanno razionalizzate e ottimizzate.
Tuttavia appare profondamente ingiusto, e stavo per dire quasi criminale, penalizzare ulteriormente la vasta area impropriamente chiamata nord-barese, quasi fosse periferia o dépendance del capoluogo - e che è invece area di antica millenaria Cultura, Storia e Identità.
Un'area che comprende quasi 200mila abitanti, con un territorio otto volte più grande di quello di Bari; con una situazione viaria, dei trasporti, geomorfologica estremamente complessa, dall'Alta Murgia al mare.
Un'area lunga 80 km e larga 30, con sei città e almeno tre grosse frazioni, per un totale di 200mila italiani e pugliesi condannati di fatto, con l'ultimo piano di riordino, a un genocidio sanitario.
Alla desertificazione delle già carenti strutture sanitarie esistenti, in un Territorio dove i posti-letto sono già, incredibilmente e senza che ciò abbia fatto scandalo, un quarto della media regionale.
E l'obiettivo e la prassi degli ultimi mesi spingono indubitabilmente verso un'ulteriore diminuzione delle risorse e spianamento delle strutture sanitarie, con lo spostamento forzoso pianificato delle eccellenze che ancora abbiamo, sparse, scollegate ma ancora forti e che chiedono solo di unirsi per poter operare al meglio.
Siamo ormai al punto in cui lo stesso diritto alla salute garantito a tutti i Cittadini dall'art. 32 della Costituzione viene messo gravemente in discussione.
Tutto questo lo abbiamo denunciato nell'ormai storico incontro pubblico a Ruvo l'11 ottobre 2016 a un Governatore, Michele Emiliano, che è parso sinceramente toccato e convinto della bontà della nostra proposta.
Dico di più: della sua ineluttabilità.
Perché, nella assoluta assenza o impraticabilità di altre proposte, l'unica vera alternativa che è sul piatto è tra l'Ospedale Unico e la desertificazione sanitaria.
E' una partita che non possiamo perdere. Lo dobbiamo a noi e soprattutto ai nostri figli e a quelli che verranno dopo.
La nostra strategia perciò è molto chiara: innanzitutto riprendere immediatamente i contatti col vertice regionale, per realizzare finalmente quanto è stato promesso e firmato nella Carta di Ruvo.
Siamo disposti a qualunque tipo di collaborazione, con una Commissione tecnica o con qualunque metodologia si voglia seguire, purché l'obiettivo sia di dare finalmente un'adeguata copertura sanitaria a questo territorio e ai suoi 200 mila Cittadini, bambini, donne, uomini, giovani, anziani - che non sono figli di un dio minore.
Cittadini che hanno diritto, in caso di bisogno, a una possibilità di salvezza e di cura se non uguale, almeno paragonabile a quella degli altri cittadini pugliesi e italiani.
Lo impone la Costituzione e, molto più in basso certamente, ma come preciso impegno firmato, lo ribadisce la Carta di Ruvo, a tutt'oggi disattesa.
Siamo sicuri di trovare orecchie attente in Regione. Siamo certi che insieme si riuscirà a trovare la migliore soluzione.
E' vero, non abbiamo più in prima linea il fondatore, leader e anima del Progetto. Ma siamo forti del suo insegnamento e del Piano Spaccavento, che resta la nostra base di riferimento per la riorganizzazione del sistema sanitario territoriale.
Lui ha dovuto inventare tutto da zero. Noi possiamo continuare da quello che lui ha costruito. Non è poco.
Riprenderemo da lì.
Riprenderemo a parlare con i Cittadini. E riprenderemo a parlare con le Istituzioni. I due pilastri della partecipazione.
Insieme all'altro pilastro, il più importante, quello di medici e sanitari, i più esposti ai rischi in questa situazione di trincea e di guerra continua contro le inefficienze e la disorganizzazione - troveremo il modo.
Nessun cambiamento è previsto nello staff dei collaboratori, che hanno ben lavorato e quindi meritano tutti la riconferma.
Un appello però voglio farlo a chi vuole avvicinarsi e ha voglia di dare il suo contributo.
Abbiamo bisogno dell'impegno di tutti, per vincere la partita di una migliore Sanità pubblica per tutti. Abbiamo bisogno di te.
Lo stesso appello lo rivolgo a tutti i mezzi di informazione, tradizionali, digitali, social e quant'altro.
La nostra è una battaglia che riguarda tutti e che va ben oltre i confini territoriali di oggi.
E' la battaglia della partecipazione, della consapevolezza, dell'impegno informato: le uniche "armi" che possano sottrarre la Sanità (e la Cosa pubblica) al solito andazzo. Basta guerra tra poveri, tra testate, tra città, tra categorie. Siamo tutti sulla barca e abbiamo tutti lo stesso destino. Salvarci o perire. E per salvarci abbiamo bisogno dell'impegno di tutti. Noi siamo a disposizione. Prima o poi saremo tutti pazienti. Tutti malati. Impariamo allora a diventare medici di noi stessi, costruendo insieme un sistema sanitario territoriale all'altezza delle nostre aspettative e delle nostre speranze, e non ultimo dei nostri diritti costituzionali.
D'accordo: dipende da tanti fattori. Ma, innanzitutto, dipende da noi.
Organizziamoci per vincere questa partita fondamentale per tutti. Questo salto di civiltà che ci consentirà di lasciare ai nostri figli più di quello che abbiamo trovato.
Dateci una mano. Vi aspettiamo. TI, aspettiamo.
Sostituire Felice Spaccavento alla guida del nostro Progetto non è difficile. E' impossibile.
Ma ce la possiamo fare, tutti insieme, partendo da ciò che ci ha lasciato.
La prima "malattia" che dobbiamo sconfiggere è la rassegnazione.
Felice ci ha indicato la via. Ora sta a tutti noi».
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