Rievocazione della Disfida di Barletta. <span>Foto Teresa Fiore</span>
Rievocazione della Disfida di Barletta. Foto Teresa Fiore
Eventi e cultura

La sfida dei Tredici: l'epopea cavalleresca della Disfida di Barletta

Quando l’onore italiano sconfisse l’arroganza francese sul campo di battaglia pugliese nel 1503

La Disfida di Barletta rappresenta uno degli episodi più emblematici e significativi del Rinascimento italiano. Un avvenimento che incarna non solo lo scontro fisico tra due schieramenti, ma anche un conflitto culturale e simbolico tra l'onore cavalleresco e le tensioni nazionalistiche emergenti. Questo episodio, avvenuto il 13 febbraio 1503, si colloca nel contesto più ampio delle guerre d'Italia, che videro contrapporsi le armate di Francia e Spagna per il controllo del Regno di Napoli.

In questo scenario di guerra, la Puglia divenne un campo di battaglia strategico. I francesi, guidati da Guy de La Motte, avevano stabilito delle guarnigioni nelle città di Ruvo, Minervino e Bisceglie, mentre il grosso delle loro forze era dislocato a Canosa. Dall'altra parte, la città di Barletta fungeva da quartier generale per le truppe spagnole comandate da Consalvo da Cordova, noto come il "Gran Capitano", che si avvaleva della collaborazione di numerosi mercenari italiani. La tensione tra le forze in campo non riguardava solo l'aspra contesa territoriale, ma rifletteva anche un crescente risentimento tra francesi e italiani, quest'ultimi frequentemente ridicolizzati dai loro alleati spagnoli e nemici transalpini.

Il momento che fece scattare la scintilla della disfida fu un insulto. Durante un banchetto organizzato dagli spagnoli per celebrare una recente vittoria, La Motte, tra il sarcasmo e il disprezzo, denigrò apertamente il valore e il coraggio dei soldati italiani, definendoli codardi e inetti alla guerra. Offesi e indignati, i condottieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca, non poterono ignorare tali provocazioni, e la sfida fu lanciata: tredici cavalieri italiani contro tredici cavalieri francesi in un combattimento all'ultimo sangue per difendere l'onore della propria nazione.

La scelta del luogo per lo scontro non fu casuale: la pianura tra Andria e Corato, in un'area conosciuta come Mattina di Sant'Elia, fu considerata equidistante tra le forze opposte, così da garantire un terreno neutro. La Motte, tornato a Ruvo dopo aver lanciato la sfida, preparò accuratamente i suoi uomini, che la mattina del 13 febbraio, dopo aver assistito alla messa nella chiesa di San Rocco, si avviarono verso il campo di battaglia. Anche gli italiani si prepararono con pari solennità, partecipando a una funzione religiosa nella cattedrale di Andria e giurando di vendicare l'onta subita al grido di "Vittoria o morte!".
Il campo di battaglia fu recintato dai giudici di entrambe le fazioni, quattro italiani e quattro francesi, e fu stabilito che i vincitori avrebbero ottenuto come premio le armi e i cavalli degli sconfitti, oltre a un riscatto. Tuttavia, i francesi, certi della vittoria, non portarono con sé il denaro per pagare l'eventuale riscatto, dimostrando una spavalderia che si sarebbe rivelata fatale.

Lo scontro iniziò in maniera classica: i francesi, posizionati in un'unica linea di attacco, lanciarono una carica frontale con le lance abbassate. Tuttavia, gli italiani, guidati dall'abile strategia di Fieramosca, mantennero una disposizione più accorta, arretrando e creando varchi nelle proprie file per disorientare gli avversari. La manovra ebbe successo e i cavalieri francesi, già in difficoltà dopo il primo impatto, finirono per essere disarcionati o costretti a piedi. La battaglia, inizialmente combattuta con le lance, si trasformò rapidamente in un feroce corpo a corpo, dove le spade e le scuri ebbero la meglio.

La disfida si concluse con una netta vittoria italiana. Tutti i cavalieri francesi furono catturati o feriti gravemente. La loro presunzione li aveva traditi: non solo furono sconfitti, ma furono umiliati dal fatto di dover chiedere clemenza e assistenza per poter pagare il riscatto. Consalvo da Cordova, in un gesto magnanimo, intervenne personalmente per pagare quanto dovuto e liberare i cavalieri francesi, che vennero condotti a Barletta.

La Disfida di Barletta rappresenta un momento cruciale per l'immaginario collettivo italiano, simbolo di riscatto e orgoglio nazionale. Nell'epoca in cui l'Italia era frammentata in una miriade di stati regionali e soggetta alle invasioni straniere, questo episodio si configurò come una rara occasione di unità e di rivendicazione dell'onore italiano. Le cronache dell'epoca, nonostante qualche imprecisione o interpretazione leggendaria, concordano nel celebrare questa vittoria come un trionfo non solo militare, ma anche morale. I tredici cavalieri italiani, tra cui Fanfulla da Lodi, Giovanni Capoccio e Ludovico Abenavoli, divennero eroi nazionali, e ancora oggi le città pugliesi, in particolare Barletta, commemorano questo evento con monumenti, lapidi e rievocazioni storiche.

La Disfida di Barletta è un vero e proprio mito fondativo che continua a essere celebrato per il suo valore simbolico e identitario, un'eco lontana di un'Italia che cercava di affermare la propria dignità in un periodo di dominazione straniera.

Dal 13 al 15 settembre Barletta celebrerà la sua Disfida con una tre giorni ricca di eventi e spettacoli.
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