Cronaca
La mappa dei clan: non c'è traccia di Ruvo di Puglia
Pubblicata la relazione dell'Antimafia: si può dunque sbandierare con orgoglio il vessillo dell'isola felice?
Ruvo - venerdì 28 luglio 2017
7.54
«La contiguità dell'area urbana con quella metropolitana sembra favorire l'interazione criminale tra il capoluogo ed i comuni della provincia, come peraltro pienamente confermato dalle evidenze acquisite nell'ambito dell'operazione "Attila 2"».
Il quadro complessivo è della Direzione Investigativa Antimafia nella relazione al ministro dell'Interno e al Parlamento dell'attività svolta nel secondo semestre 2016 in Puglia. Una criminalità, quella barese, che sembra essere «caratterizzata dalla mancanza di un vertice aggregante, capace di impartire precise direttive ai vari sodalizi, nonostante abbia dimostrato di poter dar vita a vere e proprie confederazioni finalizzate al perseguimento di obiettivi criminali comuni».
Minimo comune denominatore «la disponibilità di armi provenienti dai Paesi dell'area balcanica e la propensione ad avvalersi sempre più di persone incensurate, costrette, per evitare rappresaglie, a custodire in appartamenti armi o sostanze stupefacenti, con quest'ultime che rimangono un prioritario ambito di interesse delle organizzazioni».
«Sul piano generale, - si legge nel documento ufficiale sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dall'Antimafia, a pagina 174 - la criminalità barese manifesta una tendenza espansionistica verso i comuni dell'hinterland barese, non disgiunta da persistenti tentativi di instaurare "legami" con imprenditori, professionisti e amministratori locali».
Un contesto, dunque, assai complicato nel quale «insorgono ciclicamente tensioni e conflitti, determinati sia da figure emergenti che spingerebbero per conquistare spazio nell'ambito del gruppo criminale di appartenenza, sia da interessi contrapposti tra differenti sodalizi in relazione alle estorsioni e ai traffici di sostanze stupefacenti e di armi».
Le numerose indagini della Direzione Investigativa Antimafia hanno inferto un duro colpo: «I risultati investigativi conseguiti - si legge ancora - hanno indotto diversi associati a collaborare con la giustizia, consentendo di far luce su alcuni omicidi e tentati omicidi commessi negli ultimi anni e rendendo noti i nuovi assetti della criminalità barese, per quanto ancora in via di definizione».
Nella relazione, a pagina 178, c'è anche un'approfondita analisi della provincia e dei legami con il capoluogo, in "contiguità" con «il diffuso fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti e il costante rinvenimento di piantagioni di marijuana. L'andamento della delittuosità in provincia continua, inoltre, a risentire dell'influenza di personaggi legati ai clan baresi, in passato trasferitisi nei comuni limitrofi».
Anche stavolta nessun cenno su Ruvo di Puglia che, evidentemente, rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice. Un vessillo, dunque, che, almeno da queste parti, può essere sbandierato con orgoglio.
Il quadro complessivo è della Direzione Investigativa Antimafia nella relazione al ministro dell'Interno e al Parlamento dell'attività svolta nel secondo semestre 2016 in Puglia. Una criminalità, quella barese, che sembra essere «caratterizzata dalla mancanza di un vertice aggregante, capace di impartire precise direttive ai vari sodalizi, nonostante abbia dimostrato di poter dar vita a vere e proprie confederazioni finalizzate al perseguimento di obiettivi criminali comuni».
Minimo comune denominatore «la disponibilità di armi provenienti dai Paesi dell'area balcanica e la propensione ad avvalersi sempre più di persone incensurate, costrette, per evitare rappresaglie, a custodire in appartamenti armi o sostanze stupefacenti, con quest'ultime che rimangono un prioritario ambito di interesse delle organizzazioni».
«Sul piano generale, - si legge nel documento ufficiale sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dall'Antimafia, a pagina 174 - la criminalità barese manifesta una tendenza espansionistica verso i comuni dell'hinterland barese, non disgiunta da persistenti tentativi di instaurare "legami" con imprenditori, professionisti e amministratori locali».
Un contesto, dunque, assai complicato nel quale «insorgono ciclicamente tensioni e conflitti, determinati sia da figure emergenti che spingerebbero per conquistare spazio nell'ambito del gruppo criminale di appartenenza, sia da interessi contrapposti tra differenti sodalizi in relazione alle estorsioni e ai traffici di sostanze stupefacenti e di armi».
Le numerose indagini della Direzione Investigativa Antimafia hanno inferto un duro colpo: «I risultati investigativi conseguiti - si legge ancora - hanno indotto diversi associati a collaborare con la giustizia, consentendo di far luce su alcuni omicidi e tentati omicidi commessi negli ultimi anni e rendendo noti i nuovi assetti della criminalità barese, per quanto ancora in via di definizione».
Nella relazione, a pagina 178, c'è anche un'approfondita analisi della provincia e dei legami con il capoluogo, in "contiguità" con «il diffuso fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti e il costante rinvenimento di piantagioni di marijuana. L'andamento della delittuosità in provincia continua, inoltre, a risentire dell'influenza di personaggi legati ai clan baresi, in passato trasferitisi nei comuni limitrofi».
Anche stavolta nessun cenno su Ruvo di Puglia che, evidentemente, rispetto ai centri viciniori, può e deve ritenersi ancora un'isola felice. Un vessillo, dunque, che, almeno da queste parti, può essere sbandierato con orgoglio.