Processione
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Speciale

La commovente lettera di Cleto Berardi che rievoca con nostalgia la processione degli Otto Santi

"Quando la Settimana Santa a Ruvo era fatta di fede autentica e devozione vera"

Ci sono storie che non hanno bisogno di effetti speciali per commuovere, né di ambientazioni straordinarie per colpire nel profondo. Bastano la verità, il ricordo e la fede. È con questo spirito che il confratello Antonio Marinelli ci ha inviato una testimonianza toccante e sincera, capace di riportarci a una Ruvo di Puglia in cui la Settimana Santa era vissuta come un'esperienza intima, autentica, condivisa nel silenzio delle case, tra le mani callose di un padre e i lumi tremolanti accesi da una nonna.

Il racconto, sotto forma di lettera, ci giunge da lontano, da Moncalieri, ma porta con sé il battito caldo della devozione popolare ruvese. A scrivere è Cleto Berardi, emigrato al nord negli anni '50, che affida ai confratelli della chiesa di San Rocco — e a tutti noi — la memoria incancellabile di un Giovedì Santo vissuto con gli occhi di un bambino e poi ritrovato, anni dopo, in un ospedale, nel momento più tragico della sua vita.

Questa è la storia di un uomo, ma anche il riflesso di una comunità. Un tributo agli Ottosanti, simbolo potente della pietà popolare ruvese, e una preghiera accorata affinché la bellezza e il senso profondo di quella processione continuino a "impressionare", come fu chiesto allo scultore, come ancora oggi riescono a fare.

Vi invitiamo a leggere questa lettera con il cuore aperto, lasciandovi impressionare — nel senso più nobile e spirituale del termine — dalla forza della memoria e dalla luce della fede.

"Lettera agli Ottosanti di Ruvo. Marzo 2022.
Pregiatissimo Priore, spettabili consiglieri, venerabili confratelli, reverendo Rettore della congregazione confraternale di San Rocco.
Ho letto da qualche parte oppure ho udito in qualche parte, citare il verbo "impressionare" a riguardo della bellissima scultura che voi venerate nella chiesa di San Rocco e che lascia senza parole a guardarla.
Se poi ci si sofferma sul significato che esprime, allora davvero toglie il fiato!

Chi vi scrive è un vostro concittadino di nome Cleto dal nord dell'Italia (Moncalieri, Torino).
Ho voluto affidare a mani e labbra amichevoli, i miei ricordi devozionali verso la statua processionale della Settimana Santa ed esternare ammirazione per tutti voi. Voglio raccontarvi il perché della mia devozione al Cristo al Sepolcro e ai suoi santi componenti.

Sono nato a Ruvo nel 1946 ed il mio più bel ricordo della mia infanzia risale a quando, la mattina presto del Giovedì Santo, mio padre e mia madre mi svegliavano per andare a vedere la processione degli Ottosanti. Tutto però iniziava molto prima, iniziava il Lunedì Santo quando, mia nonna Pasquina che abitava in un vicoletto di via Modesti, tirava giù dal capoletto un quadro raffigurante il trasporto di Cristo al Sepolcro di Antonio Ciseri. Nel piccolo ambiente unico della sua umile casa, allestiva un altarino su una vecchia cassapanca e ogni sera, fino al Giovedì Santo, si recitava il rosario per il Cristo e le Marie.

Ricordo nitidamente le luci dei lumini, le voci recitanti, le vecchiette della strada, come ricordo molto bene il contatto della mano callosa di mio padre e il mio cuore palpitante per l'uscita della processione qualche giorno dopo.

Ma nel 1956 tutto ebbe fine quando una devastante nevicata, mise in ginocchio anche l'agricoltura ruvese ed io insieme ai miei genitori e alla mia famiglia ci trasferimmo a Torino dove mio padre venne assunto alla Fiat.
Oltre alla mia terra, a mia nonna e ai miei amici, sapevo mi sarebbe mancata la processione degli Ottosanti.
Nonostante la nostalgia eravamo una famiglia felice finché non successe qualcosa che cambiò la mia vita.

Un giorno, mentre frequentavo la quinta elementare, mio padre ebbe un terribile incidente in fabbrica e tornato a casa, ci precipitamo in ospedale.
Appena giunti, quella scena che mai potrò dimenticare. Mio padre giaceva esanime su una barella con davanti due infermieri, a fianco un giovane medico e dietro mia madre e le sue tre sorelle.

Ed io?
Io ricordo solamente che ero salito in piedi su una sedia, alzato da terra un po' come l'angioletto che vedevo oscillare sul Cristo durante l'incedere dondolante nella processione della Settimana Santa ruvese.
In quel momento avevo visto composta dinanzi a me quella scena processionale che avevo vissuto a Ruvo nei primi anni della mia infanzia la mattina di ogni Giovedì Santo.

E mio padre?
Non lo vedi più!
Di lui mi è rimasto per sempre il ricordo della sua mano grande e callosa che mi accompagnava a vedere la processione degli Ottosanti e la volta in quella corsia di ospedale proprio come quel Cristo sanguinante senza vita portato al Sepolcro.

Doveva impressionare, avevano suggerito gli amministratori confraternali allo scultore ed io in quell'ospedale mi ero impressionato perché avevo vissuto addirittura dal vivo e di persona quello che era successo sul Golgota oltre 2000 anni fa.

Adesso, alla soglia dei miei 77 anni e con in corpo una patologia degenerativa, il mio più grande desiderio sarebbe sicuramente quello di poter tornare nella mia città natìa, rivivere i luoghi e la gente e ritornare di nuovo ad impressionarmi con devozione e fede la mattina del Giovedì Santo vivendo la processione dei cari Ottosanti.
Un sogno che purtroppo non si realizzerà!

Gli Ottosanti proteggano la mia città di Ruvo, le care genti e la vostra confraternita affinché possiate sempre rimanere "impressionati" con fede e devozione dalla sacra e meravigliosa immagine del trasporto di Cristo al Sepolcro che tanto venerate e ben custodite.

Doveva essere capace di...impressionare avevano detto.

Ed essa aveva certo profondamente impressionato. Aveva certamente intimamente impressionato!
Buona e Santa Pasqua a tutti.
Vostro concittadino Cleto Berardi."


[Lettera indirizzata alla mia persona durante il priorato del sig. Angelo Fracchiolla Priore della Confraternita Opera Pia San Rocco Ruvo di Puglia in occasione delle registrazioni di "In Signum Crucis" in collaborazione con FilMart Produzioni di Nicola Martinelli. – Antonio Marinelli]
  • Otto santi
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