Eventi e cultura
Il coronavirus con gli occhi dell’arte nel cortometraggio di Michele Pinto
"I giorni del Covid", testimonianza storica e grande speranza per il futuro nel lavoro del regista ruvese
Ruvo - domenica 26 aprile 2020
Un documentario, una testimonianza e un messaggio di unione e di speranza che fa luce sul futuro prossimo che ci attendiamo di vivere dopo l'emergenza. Il linguaggio è quello dell'arte che, con occhio attento e sensibile, resta vigile su ogni evoluzione storica della nostra società per analizzarla, sviscerarla e raccontarla con delicatezza ed espressività.
Arte cinematografica in questo caso, come quella del regista ruvese Michele Pinto che con il cortometraggio "I giorni del Covid" testimonia i giorni del lockdown in Italia come conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il video documentario è stato girato in piena quarantena, tra marzo e aprile, nel totale rispetto di tutte le prescrizioni anto contagio, e racconta, attraverso gli occhi schietti di una videocamera e la sensibilità artistica del regista, gli effetti sociali, economici e culturali della pandemia che ha colpito l'Italia e il mondo intero.
Abitudini mutate, distanziamento sociale e chiusura di attività commerciali non essenziali, uso obbligatorio di guanti e mascherine sono solo alcuni dei nuovi comportamenti che hanno stravolto la nostra vita a causa del contagio mondiale da sars-covid 2, subito dopo il focolaio di Wuhan in Cina e di Codogno in Italia.
Sceneggiatura, regia e montaggio sono a cura di Michele Pinto, con sua moglie Daniela Iosca all'aiuto regia e l'ausilio della voce narrante dell'attore e regista teatrale molfettese Francesco Tammacco.
Ma come nasce il progetto? «È un'idea che ho avuto da subito, appena scattata la zona rossa nelle regioni del Nord Italia» - dichiara il regista. «Volevo documentare dal di dentro un avvenimento di portata storica globale e così, ogni giorno, registravo vari aspetti di questo nuovo stile di vita che mi fornivano importanti spunti di riflessione su cui lavorare. Ad esempio, ho analizzato il nostro approccio con la fisicità, fisicamente costretti all'isolamento, o il nostro nuovo rapporto con la cucina».
Pinto ha aperto così delle finestre virtuali con riprese su pc, tv e smartphone, omaggio al tricolore e video chat con amici e parenti con un emozionante messaggio di speranza.
Che impatto ha avuto l'epidemia sull'arte?
L'arte sta risentendo molto l'impatto di questa quarantena perché, in ogni sua espressione, che sia musica, teatro, cinema, l'arte si nutre di socialità che al momento non può vivere.
Come vedi il futuro, la ripresa dell'arte dopo il covid-19?
Molto, molto lenta. Sarà un vero problema sia produrre opere filmiche che fruirne dato che molte sono le produzioni già pronte ma bloccate ai nastri di partenza. Al momento è impossibile recarsi al cinema o al teatro per godere di un'opera artistica, e il distanziamento sociale continuerà a rendere difficile tornare a farlo. Inoltre, la misura della distanza di sicurezza impedisce alle troupe il lavoro sul set dove centinaia di persone convivono e condividono spazi e abitudini per mesi. Pertanto, le produzioni si assottiglieranno, saranno più ridotte. Magari si lavorerà più di computer grafica, con poche persone anche dietro le quinte.
Arte cinematografica in questo caso, come quella del regista ruvese Michele Pinto che con il cortometraggio "I giorni del Covid" testimonia i giorni del lockdown in Italia come conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il video documentario è stato girato in piena quarantena, tra marzo e aprile, nel totale rispetto di tutte le prescrizioni anto contagio, e racconta, attraverso gli occhi schietti di una videocamera e la sensibilità artistica del regista, gli effetti sociali, economici e culturali della pandemia che ha colpito l'Italia e il mondo intero.
Abitudini mutate, distanziamento sociale e chiusura di attività commerciali non essenziali, uso obbligatorio di guanti e mascherine sono solo alcuni dei nuovi comportamenti che hanno stravolto la nostra vita a causa del contagio mondiale da sars-covid 2, subito dopo il focolaio di Wuhan in Cina e di Codogno in Italia.
Sceneggiatura, regia e montaggio sono a cura di Michele Pinto, con sua moglie Daniela Iosca all'aiuto regia e l'ausilio della voce narrante dell'attore e regista teatrale molfettese Francesco Tammacco.
Ma come nasce il progetto? «È un'idea che ho avuto da subito, appena scattata la zona rossa nelle regioni del Nord Italia» - dichiara il regista. «Volevo documentare dal di dentro un avvenimento di portata storica globale e così, ogni giorno, registravo vari aspetti di questo nuovo stile di vita che mi fornivano importanti spunti di riflessione su cui lavorare. Ad esempio, ho analizzato il nostro approccio con la fisicità, fisicamente costretti all'isolamento, o il nostro nuovo rapporto con la cucina».
Pinto ha aperto così delle finestre virtuali con riprese su pc, tv e smartphone, omaggio al tricolore e video chat con amici e parenti con un emozionante messaggio di speranza.
Che impatto ha avuto l'epidemia sull'arte?
L'arte sta risentendo molto l'impatto di questa quarantena perché, in ogni sua espressione, che sia musica, teatro, cinema, l'arte si nutre di socialità che al momento non può vivere.
Come vedi il futuro, la ripresa dell'arte dopo il covid-19?
Molto, molto lenta. Sarà un vero problema sia produrre opere filmiche che fruirne dato che molte sono le produzioni già pronte ma bloccate ai nastri di partenza. Al momento è impossibile recarsi al cinema o al teatro per godere di un'opera artistica, e il distanziamento sociale continuerà a rendere difficile tornare a farlo. Inoltre, la misura della distanza di sicurezza impedisce alle troupe il lavoro sul set dove centinaia di persone convivono e condividono spazi e abitudini per mesi. Pertanto, le produzioni si assottiglieranno, saranno più ridotte. Magari si lavorerà più di computer grafica, con poche persone anche dietro le quinte.