
Eventi e cultura
Il Cavaliere Di Ruvo a Roma col regista Donato Leoni e Carlo Valli sul nuovo film Who Was He
Un nuovo film questa volta è corso all’attenzione del critico d’arte Mauro Di Ruvo
Ruvo - lunedì 17 marzo 2025
18.15 Comunicato Stampa
Un nuovo film questa volta è corso all'attenzione del critico d'arte Mauro Di Ruvo. Si tratta del prodotto di un nuova cultura cinematografica tutta romana e del tutto estranea al filone attuale di intrattenimento televisivo.
È Who Was He del regista Donato Leoni l'opera che il Cavaliere lucano ha saputo portare alla luce della critica contemporanea, sempre più disattenta oggi ai fenomeni degli artisti e dei registi emergenti.
"Il nostro tempo ci ha abituati a una esclusività dell'immagine" afferma il critico d'arte "per la quale ogni creazione di natura artistica incontra il rifiuto della condivisione pubblica se non sottoposta al canone infogrammatico, che è poi quello dell'attuale sistema cinematografico e socialmedia". "Ciò significa", continua Di Ruvo, "che non tutti oggi hanno il diritto all'immagine, e da ciò ne consegue anche una difficoltà sociale nel processo di immaginazione, di aspettarsi nuove immagini, inedite e non filtrate dal linguaggio del mercato".
La nuova pellicola diretta e girata a budget zero da Donato Leoni è allora "una ginestra nel deserto" dice Di Ruvo alla redazione, una eccezione all'interno della nostra contemporaneità.
Girato a tra le campagne del paesaggio laziale e tra le strade dei suoi piccoli borghi, la cinepresa di Leoni è stata individuata dal critico come "lucciola firmataria di un neomodernismo".
Così scrive il Cavaliere su Lanterna, in cui ha pubblicato la sua recensione critica non solo alla regia, ma, cosa non solita per un accademico, anche a tutto il cast e lo staff tecnico che contribuito alla realizzazione del film.
Tra il cast troviamo la presenza del rinomato Carlo Valli, già premiato col Nastro d'argento al miglior doppiatore maschile, tra le cui voci rientra quella di Robin Williams nel film Mrs. Doubtfire, e Marco Proietti, attore cinematografico e teatrale Marco Proietti, che qui interpreta il ruolo del maggiore Edgar.
"Cinquantacinque minuti e ventinove secondi di una storia, quella che Donato Leoni racconta, che parla attraverso un altro codice linguistico, lontano dalle parentele narrative del cinema odierno" scrive il critico e aggiunge a proposito della presente regia, "la scrittura di Leoni è una eclissi della luce esecutiva nella penombra della scena espositiva, al cui interno l'osmosi tra radiotecnica e fonotattica scompensa la dieresi tra azione e storia, che sfilacciano lentamente il telaio del piano recitativo, approssimandolo quasi al nobiliare gergo teatrale".
Scritta originale per le scene di questa pellicola è la colonna sonora composta da Max Lombardi, a cui Di Ruvo riconosce la lezione enniana "règlement del suono montato". Una importanza centrale la riveste anche per il critico la "euritmia" che attraversa a suo dire tutta l'opera.
"Ma la cadenza sillabata di Marco Proietti è a dettare l'inizio dell'euritmia che attraversa l'intera scansione della storia. La sua gestualità che è direttamente afferente al retrogrado contesto militare degli anni '40, in cui è ambientato il film, tradisce la negletta empatia attesa dal pubblico in un canale indiretto quale l'epirrema strofico col protagonista che a sua volta non guarda mai in faccia il suo superiore, ma sembra riflettere i dubbi di chi sta seguendo fuori dallo schermo". E ancora afferma su Lanterna Di Ruvo:
"La semplicità con cui si descrive il flusso epirrematico aperto da Proietti, portatore di un ruolo "agonista" quale il mandante congiuratore della missione segreta affidata a Gabriel, sarà quella che costituirà il falso deterrente delle vicende che infine si risolveranno a mera cornice di un paradigma attuale. La predestinazione pitagorica delle vite parallele. È questa l'arteria nascosta dietro cui si agitano i nervi dell'intera scena".
Una storia quella di Who Was He cui tra l'altro il regista sembra essersi ispirato a fatti reali, se è vero che proprio il figlio del regista Gabriele, omonimo del soldato protagonista Gabriel in missione segreta, è l'autore del parallelismo che Di Ruvo ci fa notare tra "militare antenato e passione militare erede" come egli stesso ha dichiarato.
Il Cavaliere parla infatti di "un epilogo quasi parallelo tra i due omonimi Gabriel e il Gabriele Leoni, il figlio del regista che si ritrova sin da piccolo a rivivere le stesse passioni di un passato militaresco e che da grande ormai anziano ritrova la sua vecchia Lavinia, anch'essa rediviva in una affascinante ed elegante Romina interpretata dalla giovane Lucrezia Sambucini, a lui antenata di vita e di morte". E conclude con una nota che forse farebbe aprire gli occhi alle odierne case di produzione, o che rappresenterebbe forse un riavvio totale del senso del cinema:
Forse allora, scrive infine, "siamo davanti a una nuova via del cinema, che potrebbe fermare il ristagno di una palude troppo contaminata. Forse con Who Was He si apre la stagione di un "neomodernismo"". Sicuramente le parole del critico ci faranno riflettere a lungo sulla strada in discesa che sta percorrendo almeno la cultura italiana, sempre più distante da quel sogno a cui pensava Federico Fellini. Tuttavia per il critico, è questo il film che nella antologia della storia aprirà la porta a un "Neomodernismo".
È Who Was He del regista Donato Leoni l'opera che il Cavaliere lucano ha saputo portare alla luce della critica contemporanea, sempre più disattenta oggi ai fenomeni degli artisti e dei registi emergenti.
"Il nostro tempo ci ha abituati a una esclusività dell'immagine" afferma il critico d'arte "per la quale ogni creazione di natura artistica incontra il rifiuto della condivisione pubblica se non sottoposta al canone infogrammatico, che è poi quello dell'attuale sistema cinematografico e socialmedia". "Ciò significa", continua Di Ruvo, "che non tutti oggi hanno il diritto all'immagine, e da ciò ne consegue anche una difficoltà sociale nel processo di immaginazione, di aspettarsi nuove immagini, inedite e non filtrate dal linguaggio del mercato".
La nuova pellicola diretta e girata a budget zero da Donato Leoni è allora "una ginestra nel deserto" dice Di Ruvo alla redazione, una eccezione all'interno della nostra contemporaneità.
Girato a tra le campagne del paesaggio laziale e tra le strade dei suoi piccoli borghi, la cinepresa di Leoni è stata individuata dal critico come "lucciola firmataria di un neomodernismo".
Così scrive il Cavaliere su Lanterna, in cui ha pubblicato la sua recensione critica non solo alla regia, ma, cosa non solita per un accademico, anche a tutto il cast e lo staff tecnico che contribuito alla realizzazione del film.
Tra il cast troviamo la presenza del rinomato Carlo Valli, già premiato col Nastro d'argento al miglior doppiatore maschile, tra le cui voci rientra quella di Robin Williams nel film Mrs. Doubtfire, e Marco Proietti, attore cinematografico e teatrale Marco Proietti, che qui interpreta il ruolo del maggiore Edgar.
"Cinquantacinque minuti e ventinove secondi di una storia, quella che Donato Leoni racconta, che parla attraverso un altro codice linguistico, lontano dalle parentele narrative del cinema odierno" scrive il critico e aggiunge a proposito della presente regia, "la scrittura di Leoni è una eclissi della luce esecutiva nella penombra della scena espositiva, al cui interno l'osmosi tra radiotecnica e fonotattica scompensa la dieresi tra azione e storia, che sfilacciano lentamente il telaio del piano recitativo, approssimandolo quasi al nobiliare gergo teatrale".
Scritta originale per le scene di questa pellicola è la colonna sonora composta da Max Lombardi, a cui Di Ruvo riconosce la lezione enniana "règlement del suono montato". Una importanza centrale la riveste anche per il critico la "euritmia" che attraversa a suo dire tutta l'opera.
"Ma la cadenza sillabata di Marco Proietti è a dettare l'inizio dell'euritmia che attraversa l'intera scansione della storia. La sua gestualità che è direttamente afferente al retrogrado contesto militare degli anni '40, in cui è ambientato il film, tradisce la negletta empatia attesa dal pubblico in un canale indiretto quale l'epirrema strofico col protagonista che a sua volta non guarda mai in faccia il suo superiore, ma sembra riflettere i dubbi di chi sta seguendo fuori dallo schermo". E ancora afferma su Lanterna Di Ruvo:
"La semplicità con cui si descrive il flusso epirrematico aperto da Proietti, portatore di un ruolo "agonista" quale il mandante congiuratore della missione segreta affidata a Gabriel, sarà quella che costituirà il falso deterrente delle vicende che infine si risolveranno a mera cornice di un paradigma attuale. La predestinazione pitagorica delle vite parallele. È questa l'arteria nascosta dietro cui si agitano i nervi dell'intera scena".
Una storia quella di Who Was He cui tra l'altro il regista sembra essersi ispirato a fatti reali, se è vero che proprio il figlio del regista Gabriele, omonimo del soldato protagonista Gabriel in missione segreta, è l'autore del parallelismo che Di Ruvo ci fa notare tra "militare antenato e passione militare erede" come egli stesso ha dichiarato.
Il Cavaliere parla infatti di "un epilogo quasi parallelo tra i due omonimi Gabriel e il Gabriele Leoni, il figlio del regista che si ritrova sin da piccolo a rivivere le stesse passioni di un passato militaresco e che da grande ormai anziano ritrova la sua vecchia Lavinia, anch'essa rediviva in una affascinante ed elegante Romina interpretata dalla giovane Lucrezia Sambucini, a lui antenata di vita e di morte". E conclude con una nota che forse farebbe aprire gli occhi alle odierne case di produzione, o che rappresenterebbe forse un riavvio totale del senso del cinema:
Forse allora, scrive infine, "siamo davanti a una nuova via del cinema, che potrebbe fermare il ristagno di una palude troppo contaminata. Forse con Who Was He si apre la stagione di un "neomodernismo"". Sicuramente le parole del critico ci faranno riflettere a lungo sulla strada in discesa che sta percorrendo almeno la cultura italiana, sempre più distante da quel sogno a cui pensava Federico Fellini. Tuttavia per il critico, è questo il film che nella antologia della storia aprirà la porta a un "Neomodernismo".