Eventi e cultura
“Iazz Bann” il docufilm di Livio Minafra sui jazzisti che girarono il mondo
Lanciato un crowdfunding a sostegno del lavoro di recupero di storie dimenticate di grandi artisti
Ruvo - lunedì 17 febbraio 2020
Si intitola "Iazz Bann - Storie dimenticate di jazzisti che girarono il mondo" il docufilm a cui il maestro musicista e compositore ruvese Livio Minafra sta lavorando per dar voce e nuova vita alla storia musicale di Ruvo di Puglia.
Un lavoro di raccolta di video, foto, audio, interviste a protagonisti, sopravvissuti, eredi e persone vicine al mondo della musica jazz, fra cui spiccano Beppe Vessicchio e Michele Marvulli, nato nel 2017 da un'idea di Livio Minafra ed elaborato assieme ai registi Lorenzo Zitoli e Salvatore Magrone, che stanno curando le riprese per poi passare al montaggio.
«Il docufilm nasce da un'esigenza quasi primordiale, raccontare quello che siamo stati, omaggiare la memoria di grandi musicisti e di un sud che fu e che ha ancora tanto da raccontarci e insegnarci» - spiega Minafra, docente di Pianoforte Jazz al Conservatorio di Bari.
Il progetto necessita, però, di sostegno economico ed è per questo che Minafra ha lanciato un crowdfunding su ProduzionidalBasso per permettere alla sua idea di concretizzarsi.
«A Ruvo di Puglia, nel dopoguerra, abbiamo avuto una scuola musicale che ha sfornato grandi musicisti che hanno girato il mondo. – afferma Minafra - Ci sono molte storie dimenticate e Iazz Bann è un dovere di memoria, un percorso verso le nostre radici che vanno recuperate. Per questo chiedo sostegno, perché la memoria è un dovere».
«Tutte le donazioni – continua - saranno essenziali e indispensabili per portare a termine un lavoro che renderà omaggio alla memoria di grandi musicisti e di un sud che fu e che ha ancora tanto da raccontarci e insegnarci. Soltanto con i piedi ben saldi a terra si scorge il futuro» - conclude il musicista.
Il progetto di "Iazz Bann"
La Scuola di Musica Comunale di Ruvo di Puglia, nel sud Italia, era attiva già da fine '800. Intere generazioni, soprattutto i ragazzi più poveri, hanno imparato, gratuitamente, a suonare e conoscere gli estratti d'Opera Lirica (riarrangiati per Banda ed eseguiti in Cassa Armonica). Oltre a Francesco Porto, è sotto la direzione dei fratelli ruvesi Amenduni che la Scuola raggiunge il suo splendore, dagli anni '20 agli anni '60.
Nell'immediato dopoguerra, complice l'entusiasmo della liberazione anche da parte degli americani, alcuni musicisti della Banda vengono decisamente attratti dal jazz. Famosa per i suoi fiati (clarinetti, sassofoni, trombe, etc), la cittadina sforna così una classe di sassofonisti jazz e non solo che farà parlare di sé in tutta Italia e oltre. Da Enzo Lorusso che collaborò con Perez Prado, Fred Bongusto e il Festival di Sanremo a Filippo Pellicani (sassofonista di Bruno Giannini), da Sandrino Dirella che collaborò con Rabagliati e Nicola Arigliano, a Nunzio Jurilli in tournée fino in Giappone, fino a Santino Tedone, sax alto dell'Orchestra Rai di Roma dagli anni '50 agli '80.
Fino a Pino Minafra, trombettista jazzista di fama internazionale, nativo di Ruvo di Puglia, anch'egli figlio della Banda, generazione successiva ai nomi summenzionati, che per la prima volta mette nel jazz elementi di musica colta, banda e circo, rompendo con l'ossequio americano, direzionandosi verso un jazz al contempo nostrano e avanguardista.
Un lavoro di raccolta di video, foto, audio, interviste a protagonisti, sopravvissuti, eredi e persone vicine al mondo della musica jazz, fra cui spiccano Beppe Vessicchio e Michele Marvulli, nato nel 2017 da un'idea di Livio Minafra ed elaborato assieme ai registi Lorenzo Zitoli e Salvatore Magrone, che stanno curando le riprese per poi passare al montaggio.
«Il docufilm nasce da un'esigenza quasi primordiale, raccontare quello che siamo stati, omaggiare la memoria di grandi musicisti e di un sud che fu e che ha ancora tanto da raccontarci e insegnarci» - spiega Minafra, docente di Pianoforte Jazz al Conservatorio di Bari.
Il progetto necessita, però, di sostegno economico ed è per questo che Minafra ha lanciato un crowdfunding su ProduzionidalBasso per permettere alla sua idea di concretizzarsi.
«A Ruvo di Puglia, nel dopoguerra, abbiamo avuto una scuola musicale che ha sfornato grandi musicisti che hanno girato il mondo. – afferma Minafra - Ci sono molte storie dimenticate e Iazz Bann è un dovere di memoria, un percorso verso le nostre radici che vanno recuperate. Per questo chiedo sostegno, perché la memoria è un dovere».
«Tutte le donazioni – continua - saranno essenziali e indispensabili per portare a termine un lavoro che renderà omaggio alla memoria di grandi musicisti e di un sud che fu e che ha ancora tanto da raccontarci e insegnarci. Soltanto con i piedi ben saldi a terra si scorge il futuro» - conclude il musicista.
Il progetto di "Iazz Bann"
La Scuola di Musica Comunale di Ruvo di Puglia, nel sud Italia, era attiva già da fine '800. Intere generazioni, soprattutto i ragazzi più poveri, hanno imparato, gratuitamente, a suonare e conoscere gli estratti d'Opera Lirica (riarrangiati per Banda ed eseguiti in Cassa Armonica). Oltre a Francesco Porto, è sotto la direzione dei fratelli ruvesi Amenduni che la Scuola raggiunge il suo splendore, dagli anni '20 agli anni '60.
Nell'immediato dopoguerra, complice l'entusiasmo della liberazione anche da parte degli americani, alcuni musicisti della Banda vengono decisamente attratti dal jazz. Famosa per i suoi fiati (clarinetti, sassofoni, trombe, etc), la cittadina sforna così una classe di sassofonisti jazz e non solo che farà parlare di sé in tutta Italia e oltre. Da Enzo Lorusso che collaborò con Perez Prado, Fred Bongusto e il Festival di Sanremo a Filippo Pellicani (sassofonista di Bruno Giannini), da Sandrino Dirella che collaborò con Rabagliati e Nicola Arigliano, a Nunzio Jurilli in tournée fino in Giappone, fino a Santino Tedone, sax alto dell'Orchestra Rai di Roma dagli anni '50 agli '80.
Fino a Pino Minafra, trombettista jazzista di fama internazionale, nativo di Ruvo di Puglia, anch'egli figlio della Banda, generazione successiva ai nomi summenzionati, che per la prima volta mette nel jazz elementi di musica colta, banda e circo, rompendo con l'ossequio americano, direzionandosi verso un jazz al contempo nostrano e avanguardista.