Storia Viva - Il Beato dimenticato da Ruvo di Puglia: vita e miracoli di fra Bernardino, frate minore
Dalla mano miracolosa che benedisse una nipote durante il funerale, fino al corpo rimasto intatto per secoli: la straordinaria storia del frate dimenticato che Ruvo ha sepolto nei ricordi
martedì 1 ottobre 2024
8.57
Tra i frati che, nei secoli, hanno abitato e animato il Convento francescano di Sant'Angelo a Ruvo di Puglia, posizione di preminenza andrebbe riservata al frate Bernardino (o Berardino) da Ruvo, un egregio predicatore, uomo di mirabile perfezione e santità. Bernardino si distinse non solo per il suo impegno religioso ma anche per la sua inflessibile dedizione alla vita francescana.
Eletto Vicario Provinciale, Bernardino da Ruvo si trovò ad accettare il ruolo con riluttanza, tanto che, quando i confratelli lo rielessero per la seconda volta, fu costretto ad accettare solo per obbedienza, dopo aver inizialmente rifiutato.
Diversi miracoli furono segnalati dopo la morte, avvenuta nel 1522, e gli atti relativi al suo processo di beatificazione furono inviati in Roma dal padre Luca da Conversano nell'anno 1617. Allo stato attuale delle ricerche presso gli archivi della Congregazione dei Riti e presso l'archivio dell'Ordine dei Minori Osservanti non sono emerse tracce di questa documentazione.
Tra le miracolate del beato vi era una sua nipote, presente insieme a numerosi altri fedeli durante le solenni esequie. La donna, che a quel tempo aspettava un bambino, a causa della moltitudine di gente non poté toccare il feretro del defunto ma, miracolosamente, un braccio del beato si sollevò e porse la mano alla donna.
Sul sepolcro del beato fu posta una lastra sulla quale vi era riportata l'immagine del defunto e una iscrizione: la pietra tombale, ancora nella chiesa di Sant'Angelo all'inizio del Novecento, venne riportata da Carlo Lojodice nel suo manoscritto "Epigrafia Ruvese" ma, dopo qualche decennio, se ne persero le tracce. Un frammento fu recuperato negli anni Settanta del Novecento nel giardino parrocchiale e fu murato sul retro dell'Altare Maggiore. Bonaventura da Fasano riporta che nel sepolcro del beato Berardino ardeva una lampada, visibile tramite un foro praticato nella pavimentazione.
Nel 1625 fu effettuata una ricognizione del sepolcro del beato Berardino da Ruvo e si ritrovò il corpo del defunto ancora nella cassa di legno intatto, con carne, capelli e unghie e ancora nel 1656 si potevano scorgere una mano e metà del braccio nuovamente integri.
Nel 1655, il corpo del beato fu riposto in altro sito più conveniente alla venerazione della beatitudine e santità del medesimo, poco lungi da quello ove nell'antica chiesa era sepolto e sulla sua tomba fu sistemata una lapide a devozione del patrizio Carlo Berlingerio Platamura di Petilia, antico nome di Altamura.
Nella chiesa seicentesca vi era, stando a quanto riporta Bonaventura da Fasano, un'antica raffigurazione dipinta del beato Bernardino nella quale il frate era raffigurato con l'aureola e identificato dall'iscrizione "Beatus Bernardinus Ruborum". Il titolo "beato", è necessario sottolinearlo, gli fu riconosciuto dal popolo ma non è stato mai confermato dalla Santa Sede.
Durante i lavori di ricostruzione della chiesa, intrapresi nella seconda metà del Settecento, il 16 maggio 1746 il Guardiano del ritiro Fra' Michele Maria da Terlizzi volle riesumare il corpo del beato per porlo nella costruenda chiesa "nuova". Dalla riesumazione emerse che erano ancora integri il braccio dritto il quale abbiamo osservato intiero, dal cubito, cosa stessa la mano e dita, totalmente intatte, anzi coverto di pelle naturale. Il braccio fu posto in un reliquiario appositamente realizzato e venne inserito nel feretro del defunto. Esso venne calato nella botola realizzata a piedi all'ultimo gradino dell'Altare Maggiore della "nuova chiesa". Da una visita all'ipogeo della chiesa fatta negli anni Settanta dai ragazzi del Centro Turistico Giovanile "Torre del Pilota" del corpo del santo e della sua tomba non è stata trovata traccia.
Dalla metà del Settecento la memoria del beato è stata sempre più trascurata. Oggi, dopo oltre cinquecento anni dalla morte, Ruvo ha dimenticato questo suo venerabile figlio, luminoso esempio di santità popolare originata dal carisma e dal fascino del "poverello di Assisi".
Fonti: Bonaventura da Fasano, Memorabilia minoritica Provinciae S. Nicolai…, Bari 1656, parte seconda; C. Bucci (a cura di), Scritti di ieri e di oggi per la storia della chiesa di S. Angelo di Ruvo di Puglia, Terlizzi 2017; V. Pellegrini, Ruvo Sacra, Fasano 1994; C. e F. Lojodice, Epigrafia, in F. Stragapede (a cura di), Lo Zibaldone di Nicola Stragapede.
Nell'immagine ricostruzione con l'intelligenza artificiale del volto del Beato Bernardino rielaborata partendo dal disegno di Loiodice della lapide sepolcrale del Beato.
Eletto Vicario Provinciale, Bernardino da Ruvo si trovò ad accettare il ruolo con riluttanza, tanto che, quando i confratelli lo rielessero per la seconda volta, fu costretto ad accettare solo per obbedienza, dopo aver inizialmente rifiutato.
Diversi miracoli furono segnalati dopo la morte, avvenuta nel 1522, e gli atti relativi al suo processo di beatificazione furono inviati in Roma dal padre Luca da Conversano nell'anno 1617. Allo stato attuale delle ricerche presso gli archivi della Congregazione dei Riti e presso l'archivio dell'Ordine dei Minori Osservanti non sono emerse tracce di questa documentazione.
Tra le miracolate del beato vi era una sua nipote, presente insieme a numerosi altri fedeli durante le solenni esequie. La donna, che a quel tempo aspettava un bambino, a causa della moltitudine di gente non poté toccare il feretro del defunto ma, miracolosamente, un braccio del beato si sollevò e porse la mano alla donna.
Sul sepolcro del beato fu posta una lastra sulla quale vi era riportata l'immagine del defunto e una iscrizione: la pietra tombale, ancora nella chiesa di Sant'Angelo all'inizio del Novecento, venne riportata da Carlo Lojodice nel suo manoscritto "Epigrafia Ruvese" ma, dopo qualche decennio, se ne persero le tracce. Un frammento fu recuperato negli anni Settanta del Novecento nel giardino parrocchiale e fu murato sul retro dell'Altare Maggiore. Bonaventura da Fasano riporta che nel sepolcro del beato Berardino ardeva una lampada, visibile tramite un foro praticato nella pavimentazione.
Nel 1625 fu effettuata una ricognizione del sepolcro del beato Berardino da Ruvo e si ritrovò il corpo del defunto ancora nella cassa di legno intatto, con carne, capelli e unghie e ancora nel 1656 si potevano scorgere una mano e metà del braccio nuovamente integri.
Nel 1655, il corpo del beato fu riposto in altro sito più conveniente alla venerazione della beatitudine e santità del medesimo, poco lungi da quello ove nell'antica chiesa era sepolto e sulla sua tomba fu sistemata una lapide a devozione del patrizio Carlo Berlingerio Platamura di Petilia, antico nome di Altamura.
Nella chiesa seicentesca vi era, stando a quanto riporta Bonaventura da Fasano, un'antica raffigurazione dipinta del beato Bernardino nella quale il frate era raffigurato con l'aureola e identificato dall'iscrizione "Beatus Bernardinus Ruborum". Il titolo "beato", è necessario sottolinearlo, gli fu riconosciuto dal popolo ma non è stato mai confermato dalla Santa Sede.
Durante i lavori di ricostruzione della chiesa, intrapresi nella seconda metà del Settecento, il 16 maggio 1746 il Guardiano del ritiro Fra' Michele Maria da Terlizzi volle riesumare il corpo del beato per porlo nella costruenda chiesa "nuova". Dalla riesumazione emerse che erano ancora integri il braccio dritto il quale abbiamo osservato intiero, dal cubito, cosa stessa la mano e dita, totalmente intatte, anzi coverto di pelle naturale. Il braccio fu posto in un reliquiario appositamente realizzato e venne inserito nel feretro del defunto. Esso venne calato nella botola realizzata a piedi all'ultimo gradino dell'Altare Maggiore della "nuova chiesa". Da una visita all'ipogeo della chiesa fatta negli anni Settanta dai ragazzi del Centro Turistico Giovanile "Torre del Pilota" del corpo del santo e della sua tomba non è stata trovata traccia.
Dalla metà del Settecento la memoria del beato è stata sempre più trascurata. Oggi, dopo oltre cinquecento anni dalla morte, Ruvo ha dimenticato questo suo venerabile figlio, luminoso esempio di santità popolare originata dal carisma e dal fascino del "poverello di Assisi".
Fonti: Bonaventura da Fasano, Memorabilia minoritica Provinciae S. Nicolai…, Bari 1656, parte seconda; C. Bucci (a cura di), Scritti di ieri e di oggi per la storia della chiesa di S. Angelo di Ruvo di Puglia, Terlizzi 2017; V. Pellegrini, Ruvo Sacra, Fasano 1994; C. e F. Lojodice, Epigrafia, in F. Stragapede (a cura di), Lo Zibaldone di Nicola Stragapede.
Nell'immagine ricostruzione con l'intelligenza artificiale del volto del Beato Bernardino rielaborata partendo dal disegno di Loiodice della lapide sepolcrale del Beato.