Antonella Lobascio

“Nel silenzio, la voce di mio padre” – L’intervista ad Antonella Lobascio della Confraternita Purificazione Addolorata

La devozione per la Desolata: una storia d’amore e di fede nella Settimana Santa di Ruvo di Puglia

giovedì 10 aprile 2025
A cura di Teresa Fiore
C'è un momento, a Ruvo di Puglia, in cui il tempo sembra fermarsi. È il Venerdì di Passione, quando nel primo pomeriggio il suono struggente delle marce funebri annuncia l'uscita della Desolata. In quel silenzio colmo di attesa, c'è chi da sempre cammina accanto al dolore e alla speranza di Maria: è Antonella Lobascio, Vice Capo Sacrista della Confraternita della Purificazione Addolorata, che ha fatto della sua devozione un'eredità di vita.

L'abbiamo incontrata nei giorni che precedono la Settimana Santa 2025, per farci raccontare una storia che va oltre la tradizione: è la storia di una bambina, di un padre e di un legame che non si spezza mai.

Antonella, quando nasce il tuo legame con la Madonna Desolata?
Avevo dieci anni, era il 1979. Mio padre Matteo, futuro Priore della Confraternita, era profondamente devoto alla Madonna e volle che fossi "vestita" a quell'età, molto prima dei diciotto anni previsti oggi. Ricordo ancora l'emozione di indossare per la prima volta l'abito confraternale: fu come entrare in una dimensione sacra, che da allora non mi ha più lasciata. La Desolata è diventata parte di me, della mia identità, del mio cuore.

Che ricordi hai di quei primi anni?
Uno su tutti: l'adorazione della Croce. All'epoca era un rito riservato esclusivamente agli uomini, inginocchiati su cuscini davanti al Crocifisso. Io potei assistervi solo grazie a mio padre, che mi portava con sé. Quei momenti, osservati in silenzio, mi insegnarono cosa significa rispetto, raccoglimento, dolore condiviso. E anche se oggi quel rito è cambiato, la sua forza simbolica è rimasta immutata.

La tua presenza nella Confraternita non è mai venuta meno…
Mai. Nel tempo ho ricoperto diversi ruoli: sono stata segretaria della consulta, Vice Priora del consiglio di amministrazione, e oggi sono Vice Capo Sacrista. Ogni incarico mi ha permesso di conoscere più a fondo la vita del sodalizio, ma soprattutto di coltivare una fede che cresce con me. Non è solo un servizio: è un modo di vivere, di restare fedele alla propria storia.

Cosa rappresenta per te il Venerdì di Passione?
È il giorno che più mi appartiene. La settimana che lo precede è fatta di attesa, preghiera, cura dei dettagli, sguardi complici tra confratelli e consorelle. Quando la Desolata esce, sento un nodo alla gola. È come se ogni passo, ogni nota, raccontasse qualcosa che non si può dire a parole. Quel dolore muto di Maria, il suo volto velato, parlano a tutti. E dentro di me, ogni volta, sento la voce di mio padre.

E se potessi rivolgere oggi un pensiero a lui?
Gli direi "grazie". È stato lui a trasmettermi la fede, la dignità del silenzio, la bellezza della tradizione. Tutto ciò che faccio lo sento come un atto d'amore anche verso di lui. Quando cammino accanto alla Madonna Desolata, sento che camminiamo insieme, ancora una volta, come in quei giorni lontani.


La voce di Antonella Lobascio è dolce, ma ferma. È la voce di chi sa custodire, con umiltà e fermezza, ciò che conta davvero. Nella sua storia personale si riflette quella di tante donne ruvesi che, in silenzio, tengono viva la fiamma della fede. E nella luce fioca del Venerdì di Passione, tra le vie silenziose della città, la Desolata non cammina mai da sola. Cammina nei passi di una figlia, e nel ricordo di un padre.