Maxi processo "Pandora", dichiarato inammissibile il ricorso di Berardi

L'unico imputato ruvese nel procedimento contro gli affiliati ai Capriati e Mercante-Diomede fu condannato a 5 anni e 4 mesi

giovedì 12 ottobre 2023 9.27
A cura di Nicola Miccione
Il maxi processo "Pandora", denominato così dal nome del vaso della mitologia greca all'interno del quale sarebbero racchiusi tutti i mali della mafia barese degli ultimi 15 anni fra Bari e la sua provincia e che il 18 giugno 2018 portò agli arresti di 104 affiliati ai clan Capriati e Mercante-Diomede, continua a far parlare di sé.

Nella giornata di ieri, infatti, la prima sezione della Corte di Cassazione ha rigettato, fra gli altri, il ricorso presentato dalla difesa di Dario Berardi, unico imputato di Ruvo di Puglia alla sbarra, condannato dalla Corte d'Appello del capoluogo pugliese, nel processo di secondo grado, alla pena di 5 anni e 4 mesi di reclusione: gli ermellini hanno confermato anche la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio dal Comune di Bari, costituitosi parte civile, per 15mila euro.

Gli imputati, tutti affiliati ai clan mafiosi Capriati e Mercante-Diomede di Bari, rispondevano a vario titolo dei reati di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e le violazioni della sorveglianza speciale: il quadro accusatorio ha retto in primo grado, quando 90 persone furono condannate a pene comprese tra 12 anni e 16 mesi di reclusione, e in secondo grado, quando la Corte d'Appello ha confermato le condanne.

Le indagini dei Carabinieri, dirette dai pubblici ministeri antimafia Lidia Giorgio e Renato Nitti, documentarono oltre un decennio di affari illeciti e le ramificazioni dei due clan mafiosi, federati tra loro, accertando collegamenti con altri gruppi criminali pugliesi e rapporti commerciali con 'ndrangheta, Cosa nostra e camorra.