Luciano Lopopolo replica al titolo di "Libero": «Una brutta pagina di giornalismo»
Il biscegliese, presidente nazionale Arcigay: «Legare l'identità sessuale al senso di panico per la crisi economica alimenta l'omofobia»
mercoledì 23 gennaio 2019
11.06
Luciano Lopopolo è risoluto nel definire il titolo d'apertura della prima pagina del quotidiano "Libero", in edicola mercoledì 23 gennaio «una brutta pagina di giornalismo». Il biscegliese, presidente nazionale Arcigay, ha rilasciato a Viva Network dichiarazioni significative e nette: «Il dato economico della caduta del Pil e l'identità sessuale delle persone non c'entrano niente fra loro, a meno che il giornale non disponga di studi, ricerche e dati statistici che pongono in relazione i due elementi e che siano anche sufficientemente autorevoli da rubare due minuti di tempo al lettore».
Secondo Lopopolo «a rendere quell'articolo illeggibile si aggiunge il fatto che apre uno scenario inquietante: costruisce una narrazione negativa delle persone lgbti+ legando l'identità sessuale al senso di panico per la crisi economica. È un processo molto pericoloso che alimenta omofobia culturale e sociale che ogni anno fa vittime».
Il presidente dell'Arcigay ha ritenuto «opportuna una segnalazione all'ordine dei giornalisti che da un lato elabori sanzioni adeguate alla inaccettabile offesa della comunità e dall'altro si attivi a promuovere processi formativi per fare in modo che chi si trovi a raccontare l'identità e la vita delle persone lgbti+ ne abbia almeno gli strumenti minimi».
Secondo Lopopolo «a rendere quell'articolo illeggibile si aggiunge il fatto che apre uno scenario inquietante: costruisce una narrazione negativa delle persone lgbti+ legando l'identità sessuale al senso di panico per la crisi economica. È un processo molto pericoloso che alimenta omofobia culturale e sociale che ogni anno fa vittime».
Il presidente dell'Arcigay ha ritenuto «opportuna una segnalazione all'ordine dei giornalisti che da un lato elabori sanzioni adeguate alla inaccettabile offesa della comunità e dall'altro si attivi a promuovere processi formativi per fare in modo che chi si trovi a raccontare l'identità e la vita delle persone lgbti+ ne abbia almeno gli strumenti minimi».