Le tradizioni alimentari della Quaresima ruvese
Un viaggio a tavola tra il passato e il presente
giovedì 16 marzo 2017
23.44
I quaranta giorni che separano dalla Pasqua sono caratterizzati da un'alimentazione rituale che accompagna i sacri riti della Quaresima.
Secondo i precetti della Chiesa Cattolica, infatti, durante questo periodo è obbligatorio il digiuno e l'astenersi da carni, dolci e cibi grassi. L'ingegno dei ruvesi, però, non si lascia facilmente scoraggiare. Sulle tavole appaiono tanti piatti della tradizione contadina che oggi non esiteremo a definire vegetariani, ma che in realtà rispecchiano la povertà e la bontà dei tempi andati. Il piatto principe delle tavole quaresimali è senza ombra di dubbio il calzone; si tratta di una pizza rustica ripiena di cipolle lunghe (i cosiddetti sponzali), olive nere, acciughe salate e spaghetti bolliti. È proprio quest'ultimo ingrediente che differenzia il calzone rubastino da quelli dei comuni limitrofi. Tradizionalmente se ne prepara almeno uno per le poche occasioni festive che cadono nel periodo quaresimale, come la festa di san Giuseppe e quella dell'Annunziata.
Altri elementi imprescindibili della tradizione sono rappresentati dal consumo di sarde, alici e sgombri, preparati spesso in padella o arrosto. Questi tipi di pesce erano, in passato, gli unici consentiti durante la Quaresima perché ritenuti poveri e semplici. Persino le Quarantane hanno tra le mani un sarago, simbolo dell'astinenza alimentare.
Oggi, molti aspetti di questa tradizione culinaria sono quasi passati nel dimenticatoio. Permane in alcune case l'usanza del digiuno del Venerdì Santo e dell'astenersi dalle carni durante tutta la Settimana Santa. È proprio in questa settimana che le massaie si concentrano sulla produzione di diversi dolci tipicamente pasquali e che caratterizzano il periodo quaresimale anche in altri comuni pugliesi. Il dolce per eccellenza è la scarcella, elemento simbolico che un tempo rappresentava il primo dono tra futuri sposi, evidenziandone l'aspetto apotropaico. Si tratta di un dolce fatto di pasta frolla e ricoperto da una glassa detta gileppe, composta da zucchero e albume d'uovo. Le forme particolari (colomba, cavallo, coniglio) ricordano elementi cari alla tradizione campestre, tutti pregni di significati simbolici. Il gileppe ricopre anche i tradizionali taralli con le uova che, anche in una versione salata, popolano le tavole tra la domenica di Pasqua e il Lunedì dell'Angelo.
Queste sono solo alcune delle più rinomate preparazioni del periodo quaresimale e pasquale. Molte altre si conservano nelle case dei ruvesi, pronte per essere offerte ad amici, parenti e vicini come dolce auspicio di rinascita.
Secondo i precetti della Chiesa Cattolica, infatti, durante questo periodo è obbligatorio il digiuno e l'astenersi da carni, dolci e cibi grassi. L'ingegno dei ruvesi, però, non si lascia facilmente scoraggiare. Sulle tavole appaiono tanti piatti della tradizione contadina che oggi non esiteremo a definire vegetariani, ma che in realtà rispecchiano la povertà e la bontà dei tempi andati. Il piatto principe delle tavole quaresimali è senza ombra di dubbio il calzone; si tratta di una pizza rustica ripiena di cipolle lunghe (i cosiddetti sponzali), olive nere, acciughe salate e spaghetti bolliti. È proprio quest'ultimo ingrediente che differenzia il calzone rubastino da quelli dei comuni limitrofi. Tradizionalmente se ne prepara almeno uno per le poche occasioni festive che cadono nel periodo quaresimale, come la festa di san Giuseppe e quella dell'Annunziata.
Altri elementi imprescindibili della tradizione sono rappresentati dal consumo di sarde, alici e sgombri, preparati spesso in padella o arrosto. Questi tipi di pesce erano, in passato, gli unici consentiti durante la Quaresima perché ritenuti poveri e semplici. Persino le Quarantane hanno tra le mani un sarago, simbolo dell'astinenza alimentare.
Oggi, molti aspetti di questa tradizione culinaria sono quasi passati nel dimenticatoio. Permane in alcune case l'usanza del digiuno del Venerdì Santo e dell'astenersi dalle carni durante tutta la Settimana Santa. È proprio in questa settimana che le massaie si concentrano sulla produzione di diversi dolci tipicamente pasquali e che caratterizzano il periodo quaresimale anche in altri comuni pugliesi. Il dolce per eccellenza è la scarcella, elemento simbolico che un tempo rappresentava il primo dono tra futuri sposi, evidenziandone l'aspetto apotropaico. Si tratta di un dolce fatto di pasta frolla e ricoperto da una glassa detta gileppe, composta da zucchero e albume d'uovo. Le forme particolari (colomba, cavallo, coniglio) ricordano elementi cari alla tradizione campestre, tutti pregni di significati simbolici. Il gileppe ricopre anche i tradizionali taralli con le uova che, anche in una versione salata, popolano le tavole tra la domenica di Pasqua e il Lunedì dell'Angelo.
Queste sono solo alcune delle più rinomate preparazioni del periodo quaresimale e pasquale. Molte altre si conservano nelle case dei ruvesi, pronte per essere offerte ad amici, parenti e vicini come dolce auspicio di rinascita.