Latte, produzione in diminuzione nel barese

Dato in linea con la media regionale Le conseguenze del caro energia incidono sul settore

mercoledì 16 novembre 2022 8.27
Il caro energia e l'aumento esponenziale dei costi di produzione hanno messo sotto scacco le stalle e in Puglia, nel complesso, la produzione di latte è diminuita del 4,45% malgrado i consumi siano rimasti stabili: il 52,6% dei pugliesi beve latte ed il 15,2& consuma formaggi almeno una volta al giorno in base ai dati elaboratori da Coldiretti sulle fonti fornite dal Clal. Nel periodo compreso tra gennaio e agosto le consegne sono scese, attestandosi su 283 mila tonnellate.

A livello territoriale le due province vocate, quelle di Bari e Taranto, hanno segnato i cali più significativi, rispettivamente del 5,85% e del 4,76%, ma anche la provincia di Foggia - pur rispetto a minori quantità produttive - registra una diminuzione consistente del -9,32%. Crescono, invece, il Salento, con un aumento della produzione del 7,30% a Brindisi, del +1,90% a Lecce, e la Bat con una performance positiva del +7,25%.

«Va garantita la stabilità del settore lattiero-caseario che ha un'importanza per l'economia regionale ma anche una rilevanza sociale e ambientale» insistono da Coldiretti Puglia. «Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere, spesso da intere generazioni, lo spopolamento e il degrado dei territori soprattutto in zone svantaggiate».

Negli ultimi tre anni, da giugno 2019 a giugno 2022, in Puglia hanno già chiuso 266 stalle, con l'emergenza economica che mette a rischio la stabilità della rete zootecnica.

Da difendere secondo Coldiretti Puglia c'è un sistema composto da 2.000 stalle da latte che garantiscono una produzione di 108.000 tonnellate di latte che esprime un valore di oltre 130 milioni di euro e oltre 40.000 tonnellate di formaggi che alimenta una catena produttiva lattiero-casearia regionale, o di euro ed occupa oltre 6.000 persone fra occupati diretti e indotto con una ricaduta positiva in termini di reddito e coesione sociale.