Espulso dopo quattro giorni in isolamento: è di Ruvo
Il ruvese Pietro Pasculli arrestato in Turchia: è stato testimone dei massacri in Kurdistan
martedì 9 agosto 2016
18.15
Arrestati, minacciati, perquisiti e poi sbattuti in cella d'isolamento quattro giorni dopo che gli avevano sequestrato l'attrezzatura elettronica, compresi i telefoni, accusati di terrorismo e spionaggio internazionale.
Dopo il processo e la remissione in libertà, un altro arresto e il trasferimento in un Centro di Identificazione ed Espulsione per immigrati per altri quattro giorni, prima dell'espulsione. In una conferenza stampa tenutasi a Roma, Pietro Pasculli, di Ruvo di Puglia, ha raccontato la terribile esperienza che lo ha visto protagonisti con Claudio Tamagnin nel Kurdistan turco dal 28 luglio al 4 agosto scorsi.
«Siamo arrivati a Istanbul il 22 luglio, il 28 ci siamo trasferiti a Nusaybin, in Kurdistan, per testimoniare di persona il massacro dei curdi da parte del governo turco. Poco dopo siamo stati intercettati dalla Polizia che ci ha fermati e portati in un commissariato», ha detto Pasculli, durante in conferenza stampa, ripresa da Il Quotidiano Italiano di Bari.
«Dopo sei ore d'interrogatorio, senza avvocati e senza avvertire la nostra ambasciata, siamo stati arrestati con l'accusa di terrorismo e spionaggio internazionale – ha proseguito – ci hanno rinchiuso nei sotterranei del posto di Polizia, in celle di isolamento per quattro giorni, senza vedere la luce».
«Al quarto giorno, siamo stati portati davanti a un giudice, che dopo un dibattimento tutto in lingua turca ci ha assolto e liberati, probabilmente grazie all'intervento dell'Unità di crisi della Farnesina». Per fortuna dei due, Pasculli è riuscito a inviare un sms a casa prima che gli venisse sequestrato il telefono.
Non bastasse, la Polizia si è presentata in albergo dove dormivano e li arresta di nuovo, a causa del provvedimento di rimpatrio dalla Turchia. I poliziotti portano Pietro Pasculli e Claudio Tamagnin in un Centro di Identificazione ed Espulsione per migranti, «dove le condizioni igieniche e sanitarie sono sconvolgenti e disumane», hanno raccontato i due, ha sottolineato Pasculli.
Per tornare in Italia, Claudio e Pietro sono costretti a pagare il viaggio aereo di solo andata per loro due e di andata e ritorno per gli agenti di scorta.
Dopo il processo e la remissione in libertà, un altro arresto e il trasferimento in un Centro di Identificazione ed Espulsione per immigrati per altri quattro giorni, prima dell'espulsione. In una conferenza stampa tenutasi a Roma, Pietro Pasculli, di Ruvo di Puglia, ha raccontato la terribile esperienza che lo ha visto protagonisti con Claudio Tamagnin nel Kurdistan turco dal 28 luglio al 4 agosto scorsi.
«Siamo arrivati a Istanbul il 22 luglio, il 28 ci siamo trasferiti a Nusaybin, in Kurdistan, per testimoniare di persona il massacro dei curdi da parte del governo turco. Poco dopo siamo stati intercettati dalla Polizia che ci ha fermati e portati in un commissariato», ha detto Pasculli, durante in conferenza stampa, ripresa da Il Quotidiano Italiano di Bari.
«Dopo sei ore d'interrogatorio, senza avvocati e senza avvertire la nostra ambasciata, siamo stati arrestati con l'accusa di terrorismo e spionaggio internazionale – ha proseguito – ci hanno rinchiuso nei sotterranei del posto di Polizia, in celle di isolamento per quattro giorni, senza vedere la luce».
«Al quarto giorno, siamo stati portati davanti a un giudice, che dopo un dibattimento tutto in lingua turca ci ha assolto e liberati, probabilmente grazie all'intervento dell'Unità di crisi della Farnesina». Per fortuna dei due, Pasculli è riuscito a inviare un sms a casa prima che gli venisse sequestrato il telefono.
Non bastasse, la Polizia si è presentata in albergo dove dormivano e li arresta di nuovo, a causa del provvedimento di rimpatrio dalla Turchia. I poliziotti portano Pietro Pasculli e Claudio Tamagnin in un Centro di Identificazione ed Espulsione per migranti, «dove le condizioni igieniche e sanitarie sono sconvolgenti e disumane», hanno raccontato i due, ha sottolineato Pasculli.
Per tornare in Italia, Claudio e Pietro sono costretti a pagare il viaggio aereo di solo andata per loro due e di andata e ritorno per gli agenti di scorta.